“I luoghi sono cose e persone: c’era una volta Aleppo, con i suoi saponi, i suoi monumenti, i suoi abitanti”:
Cari lettori, oggi voglio raccontarvi una storia, la storia di un ragazzo di nome Anas al-Basha.
Non sono un buon narratore, ma proverò a fare del mio meglio, incominciando a rispondere ad una delle tante domande:
“Chi era Anas? Perchè Anas ha rischiato e perso la vita? Perché non ha lasciato Aleppo per mettersi in salvo con la sua famiglia nella campagna circostante? ”
La Siria ha due volti, uno è impresso sulle cartoline degli anni sessanta, che rappresenta città ideali, meravigliose, avvolte in un’atmosfera di pace, l’altro volto è bifronte, in esso puoi vedere il contrasto tra ciò che era è ciò che è ora.
Il 15 Marzo 2011 si presentano le prime avvisaglie della guerra civile, nel 2012 essa esplode in tutta la sua potenza.
Siamo nel 2016, quindi le foto seguenti rappresentano Aleppo com’era circa cinque anni fa e invece com’è adesso.
La situazione oggi in città è la seguente: Aleppo è divisa in due parti, Aleppo est e Aleppo ovest, la prima parte è controllata dai ribelli e da gruppi jihadisti, la seconda è sotto il controllo dell’ONU.
Negli ultimi giorni i bombardamenti russi si sono intensificati per coprire un’offensiva che consenta di riconquistare la città. Nella parte orientale sono rimasti intrappolati 200.000 civili, mentre altri 30.000 sono riusciti a mettersi in salvo nei quartieri occidentali,
Anas è un ragazzo di 24 anni che ama la sua città e del resto come si fa a non innamorarsi di Aleppo? Basta guardare le foto di com’era. Lui non ha bisogno di foto, vede ogni giorno il luogo in cui vive e penso che la percezione del ferimento e della morte del luogo da dove arrivi risvegli in te il desiderio di combattere, di proteggere ciò che ami.
Mentre molti imbracciano le armi, lui gira per le strade della città mutilata vestito da pagliaccio, lo fa per i bambini, ma anche per gli adulti e per gli anziani: con il suo naso rosso e il suo volto dipinto è l’incarnazione della speranza, un angelo sgargiante che cammina sotto il boato delle bombe in una città che l’ONU ha definito “cimitero a cielo aperto”.
Cammina sulle tombe di scuole, scheletri di case, lapidi di centri commerciali sempre sorridente per insegnare agli uomini che la guerra è brutta si, ma finirà un giorno e nel frattempo la fa loro dimenticare: non guardare fuori dalla finestra, se osservi solo il suo volto sorridente e la sua parrucca arancione la guerra è lontana, non uccide, non devasta.
Anas lavora per una piccola associazione poco conosciuta, “Space for Hope” (spazio per la speranza), che collabora con 12 scuole di Aleppo e garantisce un supporto psicologico a oltre 300 bambini che sono rimasti orfani.
Negli ultimi mesi Space for Hope ha realizzato anche degli asili e dei parco giochi sotterranei, ma le attività sono state sospese con l’intensificazione del conflitto.
L’angelo di Aleppo si è sposato da appena due mesi, è giovane, ha solo 24 anni e ancora molto da vivere e proprio per questo si stabilisce a Mashhad, nella Aleppo orientale, dove c’è maggior bisogno del suo operato. Gli scarsi guadagni economici del suo lavoro li spedisce alla famiglia, che, riuscita a trovare rifugio nella campagna circostante solo l’estate scorsa, lo supplica di raggiungerli.
Anas tra Martedì 29 e Mercoledì 30 (le fonti dibattono su questi numeri) come sempre cammina per le strade sorridente, con la sua parrucca arancione ed il suo naso rosso, sente un boato più forte degli altri, l’angelo di Aleppo guarda verso il cielo, non capisce, forse cerca di mettersi in salvo, ma non ci riesce, l’aria diventa un sole rovente, il mondo sembra impazzito perchè l’asfalto che ricopriva le strade ora è in cielo ed il terreno è sparito e perchè le persone non rispondono alla forza di gravità? Perchè volano verso l’alto?
È Samar Hijazi, la sua superiore a dare la notizia della sua morte, avvenuta sotto un bombardamento nel quartiere di Mashhad, apparentemente compiuto da forze governative o russe.
“Spesso – ricorda Samar Hijazi – Anas
improvvisava scenette travestito da clown per
rompere il ghiaccio tra i bambini”.
Ma ora l’organizzazione ha deciso di sospendere l’attività. Almeno per il momento.
“Tutti noi che ci occupiamo di bambini – aggiunge l’operatrice umanitaria – siamo esausti, e dobbiamo trovare la forza per fornire sostegno psicologico e continuare nel nostro lavoro”.
Ad Aleppo est, sotto le bombe, rimane ora la moglie di Anas, rimasta vedova dopo due mesi di matrimonio.
«Viveva per far ridere i bambini e per renderli felici nell’orrore del posto più pericoloso “
Mahmoud al-Basha, suo fratello
“Anas si era rifiutato di lasciare Aleppo e aveva deciso di continuare il suo lavoro come volontario, per aiutare i civili e consegnare regali ai bimbi nelle strade in modo da dar loro speranza”.
Dopo tutti questi saluti da persone che lo hanno conosciuto, arrivo io, un ragazzo di 16 anni, di Novara, che forse ad Aleppo non sanno neanche dove sia, è naturale, così come molti prima della guerra civile non conoscevano le città del conflitto, che ora sono diventate famose, purtroppo nella maniera più crudele possibile.
Cosa potrei dire? Scrivere queste righe un po’ mi emoziona, credo che qualsiasi cosa scriva possa apparire banale, inopportuna, ma una sola cosa mi sento di dirti, Anas, sei stata una persona straordinaria, che non sarà dimenticata,perché il tuo lavoro ha portato speranza e portare speranza è la cosa migliore che un essere umano possa fare.
Grazie.
Filippo Aversa