Cibo e (è) spazzatura

A quanti di noi è capitato di trovarci di fronte ad un frutto o un ortaggio dall’aspetto un po’ “ malconcio” nel banco dell’ortofrutta del supermercato? Molto probabilmente a tutti.  Nella maggior parte dei casi l’alimento viene scartato, gettato nell’immondizia. Questa selezione però ci costa cara: ebbene lo spreco alimentare nel mondo è una realtà che vede finire nella pattumiera miliardi di tonnellate di cibo. Attenzione! Miliardi, non milioni:  ogni anno, circa 1,3 miliardi di tonnellate di cibo, quasi un terzo della produzione mondiale, viene gettato prima di essere consumato. In particolare la frutta e la verdura in quanto sono più marcescibili e vulnerabili ai cambiamenti di temperatura.  Le perdiamo anche durante il percorso che va da campo alla tavola : 20% perso nel corso di raccolta, 3% perso in immagazzinamento e spedizione, 2% perso durante la produzione di succhi e inscatolamento, 9% scartato da rivendite all’ingrosso  e supermercati, 19% non mangiato e scartato nelle case. Come risultato abbiamo il 53% di cibo perso , sprecato e  solamente il 47% consumato ( dalla rivista National Geographic di marzo 2016). Lo spreco alimentare non è solamente una questione di cibo, infatti per produrre gli alimenti di cui ci nutriamo vengono investite risorse come acqua, suolo, fertilizzanti, fonti energetiche di ogni tipo con la produzione di un impatto ambientale da non sottovalutare. Parlando di acqua, le risorse idriche del pianeta sono un altro punto critico: secondo una ricerca scientifica dell’università di Napoli, lo spreco alimentare italiano ha raggiunto i 1,226 milioni di metri cubi d’acqua impiegata per la produzione di alimenti che poi sono stati gettati.  Se pensiamo che la stessa quantità di acqua avrebbe potuto soddisfare il fabbisogno idrico annuo di 19 milioni di italiani!

Nel resto del Mondo se la cavano non meglio di noi : negli USA il cibo abbonda, ma l’eccedenza non viene né donato né riutilizzato. Nei paesi in via di sviluppo, sia acqua che cibo scarseggiano, ma c’è una particolarità da notare: nei paesi industrializzati si perdono meno frutti e ortaggi in fase di produzione ma i consumatori sono più spreconi. Nei paesi in via di sviluppo si perde più in fase di produzione ma i consumatori gettano via meno prodotti. Questa estrema divisione da chi ne ha di più e chi di meno ha portato, fortunatamente, all’impegno da parte dell’ONU e degli Stati Uniti a dimezzare gli sprechi entro il 2030,  pur senza specificare metodi e strumenti utilizzati per il raggiungimento dell’obbiettivo. Se mai verrà raggiunto, significherebbe recuperare cibo sufficiente a sfamare un miliardo di persone.

Rebecca Fabrizio 4Apt