Cultura: ieri, oggi… e domani?

Studenti e insegnanti. E’ inevitabile non notare come il sistema scolastico italiano si sia evoluto radicalmente. Facendo un paragone tra la scuola odierna e quella frequentata dai nostri nonni, possiamo per certo affermare che di cambiamenti ce ne sono stati molti: a partire dall’eliminazione di distinzione tra maschi e femmine, alla diminuizione dell’analfabetismo o al rapporto studente-insegnante.

Tutto questo perché si sono susseguite una serie di leggi e riforme che hanno regolamentato la vita scolastica del ‘900. Per citarne alcune:

La legge Orlando (1904): portava l’obbligo scolastico sino al dodicesimo anno di età, prevedendo l’istituzione di  un’’corso popolare’’ formato da classi quinta e sesta.

La legge Daneo- Credaro (1911) rese la scuola elementare un servizio statale, ponendo a carico dello Stato il pagamento degli stipendi dei maestri elementari, così da poter disciplinare l’obbligo in modo più vigoroso.

La riforma Gentile ( 1923) attuata a circa un anno dalla marcia su Roma, quando il fascismo non aveva ancora assunto le vesti di regime  che indosserà dopo il delitto Matteotti (10 giugno 1924). L’allora ministro dell’istruzione Giovanni Gentile plasmò il modello educativo secondo le proprie teorie: venne introdotto lo studio della religione cattolica nella scuola primaria, utile a creare un minimum di spirito intellettuale.

Comparve la filosofia nei licei affinché la futura classe dirigente potesse essere dotata di un elevato bagaglio culturale. Il concetto dell’azione gentiliana, dunque, era fondato su studi “aristocratici, nell’ottimo senso della parola: studi di pochi, dei migliori”. Una scuola che precludeva alla grande maggioranza del popolo l’accesso all’istruzione. Come Gentile sosteneva :’”La limitazione delle iscrizioni è propria delle scuole di cultura e risponde alle necessità di mantenere alto il livello di dette scuole , chiudendole ai deboli e agli incapaci’’. Parole che al giorno d’oggi farebbero rabbrividire, poiché consideriamo la cultura come una necessità primaria per tutti, l’elemento chiave per uscire dalla crisi economica che stiamo attraversando. E dobbiamo ringraziare coloro che hanno reso possibile la diffusione della cultura attraverso la comunicazione come Gutenberg con la stampa, Baird con la televisione o Marconi con la radio.

Purtroppo, pero’, nei giovani del XXI secolo si alimenta sempre più la convinzione dell’inutilità dello studio: una situazione che renderà difficile, in futuro, la visione di un mondo migliore.

Rebecca Fabrizio 4Apt