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“Sì bella e perduta”: la lingua italiana nella scuola di oggi

È chiaro ormai da molti anni che, alla fine del percorso scolastico, troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente. Da tempo i docenti universitari denunciano le carenze linguistiche dei loro studenti (grammatica, sintassi, lessico), con errori appena tollerabili in terza elementare.”

Così comincia la lettera aperta, promossa dal Gruppo di Firenze e sottoscritta da 600 docenti universitari, al Presidente del consiglio, alla Ministra dell’istruzione, al Parlamento.

Su questo argomento, abbiamo chiesto il parere di un docente universitario del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi “Roma Tre”.

Condivide il parere dei suoi colleghi che hanno firmato l’appello?

Totalmente.

Perché?

Il motivo è sotto gli occhi di tutti quelli che vogliono vedere e che non si ammantano nella retorica della presunta qualità scuola pubblica: all’università accedono, in misura sempre maggiore, ragazzi incapaci di esprimersi in modo corretto, con scarsa conoscenza delle regole grammaticali e sintattiche e, il che è forse la cosa peggiore, incapaci di formulare una sequenza logica tale da costituire un discorso di senso compiuto, dotato di un minimo di articolazione e di complessità, come si richiederebbe alla comunicazione di livello liceale. Ripeto: la situazione, lentamente ma inesorabilmente, peggiora.

Nella lettera sono proposti, come correttivi, “dettato ortografico, riassunto, comprensione del testo, conoscenza del lessico, analisi grammaticale e scrittura corsiva a mano”: è d’accordo? Ha altri suggerimenti?

I correttivi proposti sono sacrosanti, anche perché quelle buone pratiche dell’istruzione tradizionale non soltanto allenano la mente alla formulazione e all’espressione corretta del pensiero, ma anche permettono il superamento precoce di molti disturbi dell’apprendimento (disgrafia, discalculia, dislessia), che invece le varie forme di “spontaneismo” didattico non sono in grado di correggere. In ogni caso, oltre alle proposte dei mie illustri colleghi, credo che si dovrebbe modificare sostanzialmente il processo di selezione degli insegnanti. Purtroppo, decenni di “ipergarantismo” verso i precari non hanno ottenuto altro che l’immissione indiscriminata, o scarsamente discriminata, di personale docente in posti di ruolo, col risultato che, accanto a docenti eccellenti, insegnano anche molte persone cui non si dovrebbe permettere di farlo: ce ne accorgiamo per l’impressionante disparità di livello di preparazione dei ragazzi che arrivano all’università, pur in possesso dello stesso titolo di studio.

Nel percorso scolastico odierno vede dei momenti particolarmente critici per la formazione dei ragazzi?

Direi tutte le scuole elementari e le medie. Le prime soffrono di quella scarsa definizione delle competenze di base da raggiungere denunciata nel documento del Gruppo di Firenze. Per dirla in una battuta: c’è troppo fumo e poco arrosto. Le seconde hanno spesso una qualità dei docenti troppo bassa, almeno per l’insegnamento delle materie umanistiche, dovuta ai requisiti della classe di concorso per quel livello d’insegnamento, che sono troppo modesti.

Lei ha studenti che si recano all’estero con il programma Erasmus? Cosa nota al loro rientro?

Impossibile generalizzare. Gli effetti, poi, del soggiorno all’estero, che può arrivare anche a un intero anno, ma che di solito dura un “semestre”, cioè tre o quattro mesi effettivi, sono minimi rispetto al tutti gli anni della formazione pregressa. Di solito, chi è studioso e volenteroso trova anche all’estero opportunità di crescita. Viceversa, chi non le coglie in patria, difficilmente le coglierà in un paese straniero.

Come trova la preparazione degli studenti stranieri che vengono in Italia?

Anche in questo caso è impossibile generalizzare. Per quanto riguarda le competenze di ambito umanistico, molti studenti stranieri non sono meglio preparati dei nostri. Però devo constatare che, per la mia esperienza, gli studenti tedeschi e polacchi ricevono una formazione di ottimo livello, credo superiore a quella de nostri ragazzi.

 

di Cecilia D’Anna