Un arbitro in rosa

Intervista a Sara Mainella, arbitro di Roma 1 che ha debuttato domenica mattina nella categoria Promozione. Ma cos’ha spinto questa ragazza a raggiungere  un tale traguardo? Scopriamolo!

-Come ti è venuto in mente di diventare un arbitro di calcio sovvertendo quindi il modo di pensare a questo ruolo come prerogativa maschile?

Beh, tutto parte da una passione che ho sempre avuto fin da piccola: giocare attivamente a questo sport, magari come portiere, ma mia madre non me lo ha mai permesso. Nonostante ciò ho sempre avuto mio padre a sostenermi e, quando vidi in televisione due ragazze presentarsi come appunto ‘arbitri di calcio’ ho colto la palla al balzo e, nel marzo del 2011, mi sono iscritta al corso primaverile.

-Che reazione hanno avuto i tuoi quando gli hai comunicato questa tua decisione?

Papà era contentissimo, mamma inizialmente non tanto anche perché non l’avevamo informata ma adesso gira con una mia foto in divisa e la mostra con orgoglio ogni qual volta ne abbia  l’occasione.

– Trovi complicato conciliare l’attività arbitrale con la tua vita privata?

Per fortuna non ho partite infrasettimanali ma per il resto sono dell’idea che chiunque decida di indossare questa divisa metta per scontato che la domenica è sempre reperibile e che, per svolgere al meglio il suo compito, abbia bisogno di un allenamento continuo quindi deve essere in grado di conciliare al meglio le due cose. Un arbitro che non si allena non corre.

-Come la prendono le varie società quando ti presenti e magari loro si sarebbero aspettati un ragazzo?

La battuta che fanno quasi sempre è:”ah, abbiamo una donna! Non ce lo aspettavamo!” Ma per il resto il proprio valore lo si dimostra in campo, lì non importa il tuo sesso quanto le tue capacità ed il tuo personale modo di arbitrare. Ultimamente comunque non ricevo molti insulti ed anzi i dirigenti si augurano un mio ritorno.

– Ed i calciatori?

I ragazzi più piccoli ne sono intimoriti, quelli più grandi fanno battutine maliziosi e di scherno sia in campo che negli spogliatoi. Su undici calciatori quasi tutti vedono la divisa non chi la indossa.

-Col passare degli anni di esperienza e di relativa ascesa nelle diverse categorie, hai percepito una qualche differenza?

Guarda, io ho un modo di arbitrare molto particolare: scherzo e faccio battute; per questo motivo mi sono sempre trovata meglio con gli adulti che riescono a capire l’ironia, non ho mai sofferto i ragazzetti e gli unici ‘problemi’ li ho avuti con i ragazzi della Juniores. Ho avuto un solo richiamo per così dire dal mio presidente di sezione che, dopo un anno circa, mi ha chiesto di “abbassare il carattere per evitare di prendere le botte”, cosa complicata perché solitamente un arbitro il carattere deve formarlo sul campo.

– Hai qualche consiglio per qualche ragazza interessata a quest’attività?

Metterci la passione e non aver paura di entrare in questo mondo meraviglioso che è il calcio. Io in questa sezione ho trovato una seconda famiglia e l’amore e, tornassi indietro, farei questa scelta di nuovo senza neanche pensarci due volte.

 

Di Ginevra Tomaselli