UN’ITALIA DA 6. L’ennesima brutta riforma della scuola

 


Il Consiglio dei Ministri ha recentemente approvato la legge delega per la riforma  “in materia di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti, nonché degli esami di Stato”. Perché la riforma diventi operativa sarà necessario attendere l’approvazione dello schema di Decreto Legislativo Delegato, attualmente all’esame della Commissione Cultura e della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati.

Il testo di tale provvedimento prevede una estrema semplificazione dell’esame di Stato, che sarà composto d due sole prove scritte, italiano per tutti e la seconda prova che varia da indirizzo a indirizzo, e da un colloquio orale incentrato per lo più sulla presentazione del progetto svolto nell’ambito del percorso di Alternanza scuola-lavoro.

Requisito di ammissione sarà lo svolgimento delle prove Invalsi che tuttavia non concorrono alla votazione finale.

Ciò che fa maggiormente riflettere è la scelta adottata dal Governo di riconoscere l’accesso all’esame a tutti qugli studenti che avranno riportato una “votazione media non inferiore ai sei decimi compreso il voto di comportamento”. In altre parole sarà ammesso anche chi alla fine del V anno si presenterà con 4 nella materia di indirizzo, purchè abbia 8 in un’altra materia o in condotta.

Se la riforma verrà approvata in questi termini, avvantaggerà sicuramente lo studente mediocre che potrà cavarsela con il minimo sforzo, tanto più che comunque il voto di maturità non ha più alcun valore per l’ammissione alla maggior parte dei corsi universitari. 

I ragazzi che per primi dovranno sostenere il “nuovo” esame sono quelli che attualmente frequentano il IV anno; il loro parere su questa riforma è pressocchè unanime: chi si impegna non verrà ripagato per gli sforzi fatti durante tutto il percorso di studi, mentre i meno bravi saranno ancor più disincentivati.

Questo è l’ultimo atto di un processo di smantellamento di uno dei migliori sistemi scolastici al mondo, basato su una cultura classica, che insegna prima di tutto a ragionare.

Si è arrivati a confondere il sacrosanto diritto allo studio con il diritto ad un titolo di studio, da conseguire possibilmente con il minor sforzo possibile.

Peccato perché si è persa l’ennesima occasione per invertire la rotta e per dare ai ragazzi la preparazione necessaria per affrontare la vita.

Di Riccardo Carpineti