Alla pena di morte, io dico no.

ALLA PENA DI MORTE , IO DICO NO.

esordio: In Italia la pena di morte è stata abolita definitivamente nel 1948 e ormai la pena capitale non è più una realtà in Europa. L’Unione Europea e i suoi membri in diverse occasioni hanno pubblicamente espresso la propria opposizione a questa pratica. Il dibattito sulla pena di morte però è ben lontano dall’essersi esaurito. Sono ancora molti gli Stati al di fuori dell’Europa a mantenere questa pratica, tra i più noti:Stati Uniti, Cina , Giappone e Paesi arabi.

probatio: Occorre quindi trovare delle soluzioni per l’eliminazione definitiva di tale pena . Inizialmente bisogna individuare le motivazioni che spingono questi Paesi ad adottare tutt’ora la pena capitale.
I sostenitori della pena di morte infatti trovano ragioni diverse a sostegno della loro tesi, ragioni di ordine etico, sociale ed economico.
Essi partono dal presupposto che compito fondamentale dello Stato sia difendere ad ogni costo i singoli individui e la comunità, che chi rispetta la legge ha diritto ad una tutela maggiore rispetto a chi la disattende, che chi commette reati deve pagare e che esistono colpe per cui nessuna pena, tranne la morte, costituisca la giusta punizione. Questi assegnano ad essa una funzione deterrente, in quanto sono convinti che la durezza della pena sia sufficiente in molti casi ad evitare che il reato venga commesso.
Spesso però i processi non sono equi e regolari. In Iran negli anni scorsi sono stati celebrati processi della durata di pochi minuti, davanti ad un giudice non indipendente (un’autorità politico-religiosa) e si sono conclusi con una sentenza di morte, inappellabile, eseguita quasi immediatamente. Negli USA, in un sistema giudiziario assai evoluto, un errore commesso da un avvocato d’ufficio inesperto può comportare la fine di ogni speranza per l’imputato. Bisogna evidenziare, però, che nessun uomo né individualmente né come rappresentante della comunità abbia il diritto di togliere la vita ad un altro uomo, indipendentemente dalla gravità delle colpe da quest’ultimo commesse. La pena applicata non deve tendere alla vendetta o alla semplice punizione del colpevole, ma alla sua rieducazione e al suo recupero sul piano umano e sociale: e quale recupero sarà mai possibile nei confronti di un morto? In realtà il timore di trascurare i dettagli ed i mezzi legali a cui il condannato ricorre dilatano molto i tempi dei processi e ritardano il momento dell’esecuzione, per cui la persona che viene soppressa a volte è cambiata rispetto a quella che ha commesso il crimine, con il risultato di mandare a morte individui sostanzialmente diversi da quelli a suo tempo condannati. Altri fenomeni che possiamo ritenere evitabili solo con il suo utilizzo, come le recidive o la tendenza alla vendetta privata, vanno invece affrontati, in termini di educazione sociale, cioè aiutando e seguendo gli ex carcerati e facendo in generale una capillare opera di educazione alla legalità.
A tutte queste considerazioni se ne aggiungono altre due ancora più significative. Innanzi tutto la possibilità di errori giudiziari, cioè la possibilità tutt’altro che remota di uccidere un innocente, giustifica da sola l’abolizione della pena capitale. Inoltre questa si dimostra uno strumento di discriminazione sociale, in quanto vengono giustiziati criminali che appartengono soprattutto alle classi sociali più deboli e a gruppi più marginali: membri delle minoranze razziali, individui con un basso livello di scolarizzazione, soggetti con una vita familiare allo sbando, persone con reddito molto basso che spesso non sono in grado di sostenere delle spese per un adeguata difesa legale, nonché oppositori politici.
Prendere posizione a favore della pena di morte distrae l’attenzione dalle soluzioni a lungo termine che affrontano efficacemente i problemi del sistema penale. Attività di polizia efficaci, sistemi giudiziari funzionanti, progressi nel campo dell’educazione e dell’impiego si sono dimostrati strumenti importanti nella riduzione dei livelli di criminalità. Gli esponenti politici citano spesso l’alto consenso dell’opinione pubblica per la pena di morte come giustificazione per il suo uso. Amnesty International si oppone alla pena di morte in tutti i casi, senza eccezione, a prescindere dalla natura o dalle circostanze del crimine, dalla colpevolezza, dall’innocenza o altra caratteristica del condannato o dal metodo usato per eseguire le condanne a morte. La pena di morte è la punizione più crudele, disumana e degradante. Viola il diritto alla vita, proclamato dalla Dichiarazione universale dei diritti umani
In occasione della Giornata mondiale contro la pena di morte, avvenuta nell’ottobre del 2013, Amnesty International ha invitato gli esponenti politici a smetterla di presentare le esecuzioni come soluzione rapida per ridurre i tassi di criminalità e a concentrarsi invece sui problemi del sistema penale dei loro paesi .

peroratio: Per questo concludo dicendo che le vittime del crimine sì, meritano giustizia, ma la pena di morte non e’ la risposta. Riprendere le esecuzioni per mostrarsi duri verso il crimine sottopone la vita delle persone all’opportunismo politico.

Federica Troccia, IV B, Liceo scientifico Labriola