Ode all’orazione

 

 

Perché scrivere un’orazione?

Per necessità? È forse utile? Utile a chi?

Per puro diletto?

È forse appagante?

Su quale argomento, dunque?

 

Risponderò a queste domande in questa orazione. Cominciamo senz’altro.

 

I fatti sono pochi e semplici da raccontare: devo scrivere un’orazione su un tema generico sul modello del più grande fra gli oratori, Cicerone. Questo dovrebbe bastare a mettermi una certa pressione, ma come se non bastasse, piove sempre sul bagnato! Non ho trovato un tema degno di nota che mi ispirasse al dibattito e sono caduto in stallo, finché colpito da un’idea, non ho potuto che afferrarla al volo: e se scrivessi un’orazione proprio sulla mia impossibilità di scrivere un’orazione? Certamente mi si dovrà perdonare la stravaganza, ma non ho potuto fare a meno di buttare giù un pensiero tanto balzano.

 

Ma entriamo ora nel cuore della vicenda.

 

Innanzitutto, a quale scopo si scrive l’orazione? La risposta a questa domanda è proprio l’argomento su cui verte l’orazione; si potrà ribattere infatti che non è importante né influente lo scopo, quanto l’oggetto dell’orazione, ma questo significherebbe deliberatamente ignorare che è proprio nel fine che l’orazione trova giustificazione. L’ordine delle sette domande iniziali non è affatto casuale; sono infatti in ordine di gravità ed è la prima a sostenere tutte le altre. Alla seconda domanda si può rispondere quindi affermativamente, l’orazione deve essere necessaria. Questo conferma l’utilità dell’orazione, perché una cosa inutile, non può che essere non necessaria. L’orazione può però essere sia utile sia dilettevole? Si potrebbe obiettare che debba essere assolutamente volta alla difesa di un argomento o di un’idea, ma se l’oratore non sostiene la sua causa, allora non può che essere ipocritamente inefficace. L’orazione, l’Arpinate mi perdonerà per questa affermazione, checché se ne dica, deve essere utile ugualmente all’uditorio e all’oratore, unendo perfettamente piacere personale e bene collettivo, l’onere e l’onore. Non si può però di certo pensare solo al proprio tornaconto; l’oratore non può mai abbandonare morale ed etica, perché il suo discorso non sarebbe più rivolto, ma scagliato verso il pubblico stesso, non essendo più a vantaggio del ricevente, ma del solo mittente. Mai dimenticare la destinazione o il viaggio non potrà che essere un vano errare senza scopo!

 

Perché scrivere un’orazione? Perché si ha un’idea.

Perché la si ha a cuore.

Perché si è convinti della sua validità.

Perché si è convinti che possa essere utile per sé. Perché si è convinti che possa essere utile per gli altri.

Perché se un uomo non difende la propria opinione, può ancora essere considerato un uomo?

Francesco Tufarelli, IV B, Liceo Labriola