Intervista a Paola Sinibaldi

Oggi le violenze sulle donne sono diventate notizie quotidiane. Si sente spesso parlare di omicidi o maltrattamenti sulle donne da parte degli uomini. E la cosa più grave è che nella stragrande maggioranza dei casi sono proprio i loro compagni, fidanzati, mariti gli autori delle violenze.

Sembrano passati secoli dagli anni ’70 quando le donne scendevano in piazza insieme, unite, per protestare e lottare per i loro diritti.

Paola Sinibaldi, lei negli anni 70 a soli 13 anni cominciò a frequentare un collettivo femminista.

Cosa spingeva una ragazzina a farlo in un’età così giovane?

Gli anni ’70 furono un periodo di grande fermento sociale e le donne, che partecipavano in maniera sempre più numerose ai movimenti studenteschi, cominciavano a portare il loro modo di essere in politica: le idee, i valori dovevano valere anche in privato. In quegli anni le forme di discriminazione verso le donne, anche in famiglia, erano all’ordine del giorno. Sentivamo il bisogno di affermare la parità dei nostri diritti e per confrontarci ci riunivamo tra sole donne, forse farei meglio a dire ragazzine.

Esistono ancora oggi i collettivi femministi?

Sinceramente non lo so ma mi sembra che le ragazze oggi abbiano poca attenzione alla solidarietà di genere. Forse perché stanno cercando anche di farci perdere la nostra identità di genere.

Pensa che le violenze sulle donne siano aumentate dagli anni ’70?

No, anzi. Qualche decennio fa le violenze domestiche non facevano neanche notizia. Quello che credo sia diverso oggi è la capacità delle donne di capire che è difficile affrontare i problemi da sole, che dovrebbero provare insieme a cambiare questa cultura maschile.

Saprebbe dire da dove nasce la violenza sulle donne?

Nasce da un atteggiamento maschile deviato che porta gli uomini a ritenere le donne una cosa loro. Di una minoranza di uomini, per fortuna.

Cosa pensa che si potrebbe dire alle donne che si trovano in una relazione pericolosa per far si che possano rendersene conto e trovare il coraggio di denunciare?

E’ difficile riuscire a convincere una donna che l’uomo che le è accanto sia un pericolo; in genere si pensa che sono cose che si sentono alla televisione, che non possono accadere proprio a noi. Ed altre volte, anche se te ne accorgi e denunci, le autorità non riescono ad evitare che la tragedia accada comunque.

Credo che l’unica strada sia educare i giovani, maschi e femmine: i primi a rispettare l’altro sesso e le seconde a pretenderlo quel rispetto.

Pensa che nella società di oggi il ruolo e i diritti degli uomini e delle donne siano veramente uguali?

Sulla carta si ma se ti guardi intorno vedi che non è proprio così. Nelle aziende i dirigenti sono più uomini che donne, in Parlamento ci sono più uomini che donne, insomma, i posti di comando rimangono in mano agli uomini. Però, le donne si impegnano di più, hanno risultati migliori a scuola e svolgono ormai tutte le professioni. Spero che le donne delle prossime generazioni riusciranno ad avere una reale parità ma spero ance che per questo non debbano rinunciare alla propria specificità.

di Flavia scrocca 1H liceo Francesco Vivona