Difesa legittima?

Ultimamente si sta sentendo spesso parlare di uomini che uccidono volontariamente o accidentalmente dei ladri che si introducono nelle abitazioni o nelle imprese a rubare tutto ciò che trovano.

E’ ormai nota la vicenda degli ultimi giorni di un ristoratore di Lodi che ha sorpreso dei rapinatori a rovistare nel proprio locale e, durante una colluttazione, sembra che sia partito accidentalmente, come dicono le sue parole, un colpo dal fucile legalmente detenuto.

Ci sono due correnti di pensiero contrastanti: quella di buona parte dell’opinione pubblica e quella della legge italiana. La prima difende in pieno il ristoratore sostenendo che aveva tutto il diritto di uccidere le persone che stavano rubando nella sua osteria durante la notte, definendo questo atto come legittima difesa. La legge italiana, invece, ha un’idea un po’ diversa: l’uccisione non può essere punita solo se, chi ha commesso il delitto, ha subito precedentemente delle minacce o atti che avrebbero potuto portare alla morte.

Sono note le storie di alcune persone che sono state condannate a risarcire la famiglia dell’ucciso e, in alcuni casi, a scontare una pena in carcere, per eccesso di legittima difesa che, a volte, ha portato i soggetti coinvolti addirittura ad atti estremi come il suicidio.

E’ molto difficile giudicare il comportamento di chi, in un momento di paura, teme che la propria vita possa essere messa in serio pericolo.

Per poter capire, anche se solo in parte, ciò che può portare ad un simile gesto, bisogna mettersi nei panni della persona che si ritrova ad avere in casa o nella propria impresa, e per di più durante la notte, nella maggior parte delle vicende, persone sconosciute; immaginando le loro intenzioni, l’istinto può portare a difendere sé stessi e, soprattutto, i familiari e le persone care, anche se non si viene seriamente minacciati.

Si può discutere all’infinito se l’omicida debba essere condannato o meno, se abbia fatto bene o no ad uccidere i rapinatori, ma di certo un gesto del genere, che ha la sola intenzione di difendersi, segna inevitabilmente la vita di chi lo commette, al di là di una eventuale condanna, perché, anche se si rimane liberi, sicuramente, aver posto fine alla vita di un’altra persona, può far rimanere prigionieri dei sensi di colpa.

Samuele Mallamaci