Intervista a Federica B.

 

Federica B. (nome di fantasia) ha 40 anni e lavora come educatrice. Vive a Roma.

È passato da poco l’8 marzo. Quest’anno ha rinnovato il suo sapore di lotta.

Hai partecipato al corteo?

Si, io ho partecipato al corteo e ho partecipato anche allo sciopero generale indetto per quest’anno anche da molte sigle sindacali. È stata un’occasione per me per poter accedere a questo istituto dello sciopero perché è la prima volta da un anno e mezzo che ho un contratto a tempo indeterminato e quindi è un diritto al quale posso accedere.

Se avessi dovuto scrivere uno striscione cosa avresti scritto e perché?

Avrei riscritto lo striscione al quale sono molto affezionata. Lo abbiamo creato insieme a dei collettivi femministi nel 2007 in occasione di una grandissima manifestazione che si è tenuta a Roma contro la violenza di genere il 25 novembre. Lo striscione diceva: “L’assassino ha le chiavi di casa”. Questo slogan sta a indicare che la violenza di genere è inserita nella cultura di cui facciamo parte e nelle statistiche dell’Istat viene detto che un giorno su tre muore per mano del marito, compagno, fidanzato o ex fidanzato una donna che conosce molto bene il suo assassino.

Hai vissuto in maniera diversa questo 8 marzo dai precedenti?

Si, nella mia storia personale i momenti di manifestazione politica legati alla lotta delle donne sono stati spesso presenti in altri momenti dell’anno. Mentre l’8 marzo veniva e viene vissuto come una festa dove le donne escono a prendersi una pizza o ricevono le mimose, quindi facevo fatica a vederci questo significato di lotta e di politica. Invece quest’anno grazie al movimento che si è creato a partire da novembre con la manifestazione di Non una di meno, per la prima volta in Italia è stata una giornata molto diversa.

Esistono secondo te delle differenze tra il mondo maschile e femminile? Quali?

Se parliamo di condizioni materiali dell’esistenza si, l’Istat continua a confermare gli stati di diseguaglianza. Ad esempio se si parla di parità di trattamento economico a parità di lavoro viene pagato percentualmente di meno se sei donna. Se parliamo invece delle pressioni culturali che gli uomini e le donne subiscono di adesione a uno stereotipo di ruolo di genere allora la pressione la subiscono tutti, nel senso così come le donne subiscono le pressioni ad aderire ad un certo ruolo di genere fatto da compiti, atteggiamenti e modi di vestire allora lo stesso anche gli uomini.

Quali battaglie importanti secondo te le donne devono ancora portare avanti?

Prima di tutto quelle di sempre, nel senso che i diritti e le condizioni di equità ed eguaglianza non sono sempre acquisiti del tutto. Le battaglie che per il momento vedo come prioritarie sono due. Una è riuscire a leggere tutto quello che guarda le disparità e diseguaglianze nei confronti del mondo femminile come legate a una cultura, che è una cultura maschilista e basata sulla violenza di genere. Non solo fisica o psicologica ma violenza sono tutte quelle condizioni che mi rendono debole in una situazione di subalternità. Banalmente il lavoro di cura che le donne fanno: i sondaggi dell’Istat continuano negli anni a dimostrare come nonostante nelle coppie entrambi lavorino le mansioni di cura sono sempre a carico delle donne e non è riconosciuto, questa è una forma di violenza. E l’altro è quello di costruire delle alleanze con le donne di altre culture e nazionalità e cercare di capire le loro lotte aldilà dei pregiudizi e comprendendo ciò che sta realmente succedendo.

Nella tua vita privata e lavorativa hai vissuto qualche forma di discriminazione per il fatto di essere donna?

No, o almeno non apertamente, anche se il tipo di lavoro che io faccio è femminilizzato cioè è uno di quei lavori prettamente legati al sesso femminile. Infatti la maggior parte delle persone che lavorano insieme a me sono donne.

So che tra qualche mese ti sposerai con la tua compagna, questa cosa è stata possibile grazie al lavoro di tante donne. Cosa ne pensi di questo?

Prima di tutto non si tratta di un matrimonio ma di un unione civile. Molti vorrebbero un matrimonio egualitario perché è giusto che ci siano entrambe le possibilità ma se ci fosse il matrimonio credo che sceglierei comunque l’unione civile perché è il mio modo di vivere questa istituzione. Sono molto felice di farlo non perché ho bisogno di essere legittimata dallo stato ma siccome lo stato su queste questioni interviene pesantemente allora questo è un metodo di tutela da parte dello stato. Una lotta importante che ho fatto come lesbica è la visibilità. La prima lotta che si fa come lesbiche è inanzi tutto con se stesse e questa cosa si vince con la visibilità.

Quale donna famosa del passato o del presente ti piacerebbe incontrare? Di cosa parlereste?

Amo molto la letteratura quindi mi piacerebbe incontrare Virginia Woolf che è riuscita a cambiarmi la vita. Sarei emozionatissima di poterla incontrare e relazionarmi a quel mondo creativo e di pensiero eccezionale. Con lei mi piacerebbe parlare di letteratura, scrittura, creatività, sensibilità e come quello che si scrive può cambiare il mondo e le persone che leggono come è successo a me.

Un’altra donna che mi piacerebbe molto incontrare è Angela Davis, è una femminista rivoluzionaria statunitense che ha fatto parte anche del movimento della rivoluzione dei diritti, le pantere nere per capire, ha scritto un libro bellissimo che si chiama “Autobiografia di una rivoluzionaria”. Il libro parla appunto di cosa vuol dire essere femministe e nere negli Stati Uniti dagli anni ‘60 in poi. Da lei mi farei raccontare e vorrei percepire tutta la forza che ha avuto per affrontare tutto ciò che ha fatto da nera, femminista e lesbica. Insomma tutta la sua lunga esperienza.

Matilde Campo 3H, Liceo Artistico Statale Ripetta