Oggi giorno per noi ragazzi il giorno di carnevale è una scusa per riempirci di scherzi l’un l’altro, organizzare feste a tema e passare del tempo con la propria comitiva… E proprio mentre pensavo a cosa avrei potuto organizzare di bello quest’anno per il giorno di carnevale, mi sovvenne, come negli anni passati potessero festeggiare tale giorno? E allora visto che la mia famiglia è un mix di generazioni, decisi di chiedere ai miei nonni cosa facevano nel periodo di carnevale.
– Ni cuntàumu i miniminàgghie8- Questi è stata la risposta che mi hanno dato, seguita da una grande sorriso pieno di orgoglio, ma anche pieno di nostalgia. Cosa sono queste “miniminàgghie”? Non sono altro che piccoli e divertenti indovinelli! Beh, io volevo saperle tutte, tanto per affondare la mia curiosità nelle nostre radici socio – culturali. Ce ne sono centinaia e centinaia ma certamente dopo tanto tempo ne sono state dimenticate tante! Questo perché col passare degli anni questa nostra tradizione piano piano sta sbiadendo, anzi, è già sta scomparendo del tutto! E’ un peccato, perché ricordo ancora che quando ero piccola nel periodo estivo, dopo cena, con tutti i vicini del quartiere ci sedavamo proprio sul marciapiede della casa di nonna e passavamo la sera a parlare e ridere e i grandi raccontavano a noi piccini avventure che avevano vissuto quando avevano la nostra stessa età. E se era bello un paio di anni fa, immaginate quanto fosse stato bello, circa, trent’anni fa! Tornando alle nostre “miniminàgghie”, sono riuscita a strapparne alcune ai ricordi dei nonni. Magari vi lascio anche la traduzione e la risposta, così che possiate capirle meglio!
La prima recita: Pilu cu pilu s’ancùcciunu a notti. Pelo con pelo si uniscono la notte. (Sono le ciglia degli occhi). Anche io ho subito intravisto un doppio senso, in realtà è proprio questo il divertimento! D’altronde, la società non era tanto diversa da quella d’oggi sotto certi punti di vista della satira e dei doppi sensi!
La seconda: C’aiu na bacchetta fiorita, quattru uocchi e quaranta ita. Ho una bacchetta fiorita, quattro occhi e quaranta dita.(E’ la Donna incinta; infatti la bacchetta fiorita rappresenta la fertilità della donna stessa, quattro occhi perché si considerano quelli della madre e quelli della prole, e quaranta dita sarebbero: 10 dita delle mani della madre, 10 dei piedi della madre, 10 delle mani del bambino e, infine, 10 dita dei piedi del bambino)
La terza: Cientu nira, cientu ova, cientu para ri linzola. Cento nidi, cento uova, cento paia di lenzuola. (E’ il melograno: ci si riferisce a tutta la struttura interna del melograno: frutti, rivestimenti e le parti concave interne del melograno intero).
La quarta:(Questa sono riuscita ad indovinarla anche io!) Nall’acqua nasci, nall’acqua pasci, viriennu l’acqua iddu spirisci. Nell’acqua nasce, nell’acqua muore, vedendo l’acqua lui sparisce. (E’ il sale: viene coltivato nell’acqua, quindi nell’acqua nasce, poi quando viene asportato ferma la propria crescita e si solidifica, quindi muore, però, quando poi viene immerso nell’acqua, sparisce perché si scioglie).
La quinta: Don Lucianu, don Lucianu chi facìti na stu ciànu? Nun manciàti , nun vivìti e ciù luòncu vi facìti. Don Luciano, don Luciano, cosa fate in questa pianura? Non mangiate e non bevete e più alto vi fate. (E’ l’asparago selvatico, perché non ha bisogno di acqua per crescere).
La sesta: Sùgnu iàvita quantu ‘mpalàzzu, càru ‘ntèrra e nènti mi fàzzu. Sono alta quanto un palazzo, cado a terra e niente mi faccio. (E’ l’oliva, quando cade dall’albero, cade da un’altezza di gran lunga maggiore rispetto alla sua stessa grandezza, ma ciò nonostante, non subisce danni o ammaccature).
La settima: Miniminàgghia, miniminàgghia fa l’uovu na pàgghia. Indovinello, indovinello fa l’uovo nella paglia. (E’la gallina).
L’ottava: Tùnnu rutùnnu bicchieri senza fùnnu, bicchieri nun è, anzètta ch’è? Tondo rotondo bicchiere senza fondo, bicchiere non è, indovina cos’è? (E’ l’anello).
La nona: Aiu na rància a puòttu in Francia, a puòttu in Turchia, è sempri cu mìa. Ho un’arancia la porto in Francia, la porto in Turchia , è sempre con me. (E’ la luna tonda come un’arancia, che ci segue ovunque andiamo. Voi sapete che le arance di Sicilia sono ben gradite, vero? Beh, ne siamo molto orgogliosi e ve lo ricordiamo anche negli indovinelli).
La decima: Du luciènti, du punciènti, quàttru zuòccul’ e na scùpa. Due fari, due cose che pungono, quattro zoccoli e una scopa. (E’ la mucca: i fari sono gli occhi grandi, le cose che pungono sono le corna, poi ci sono gli zoccoli e infine la scopa sarebbe la coda).
L’undicesima:Mi vàsa e nunn’è a zìta, m’accarìzza e nunn’è u zìtu, m’abbràzza e nunn’è u marìtu, m’arricrìa e nunn’è a mugghièri. A làvu, a stiènnu, a stìru, a gnuttichìu. Chìddu ca rìcu tu mi cumpriènni. Mi bacia e non è la fidanzata, mi accarezza e non è il fidanzato, mi abbraccia e non è il marito, mi dà piacere e non è la moglie. La lavo, la stendo, la stiro e la piego. Ciò che io dico tu comprendi (E’ la tovaglia).
La dodicesima: Nunn’avi a vùcca e pàrra, nunn’avi i vurìcci e sènti. Non ha la bocca e parla, non ha le orecchie e sente. (E’ il telefono: infatti se riceviamo una chiamata, si sente la voce anche se non ha la bocca per parlare, quando effettuiamo una chiamata, trasmette la nostra di voce anche se non ha le orecchie per sentire).
La tredicesima: Aiu n’màzzu ri millimillìcchi, nun su vìrdi e màncu sìcchi , pì lu mmièrnu e pi la stàti; ‘nzittamìllu pì caritàti. Ho un mazzo di fili sottilissimi, non sono verdi e neanche secchi, per l’inverno e per l’estate.Indovinatemelo per carità (Sono i capelli)
La quattordicesima: I ravànzi m’accùzza, i rarrièri m’allònca. Davanti mi si accorcia, di dietro mi si allunga. (E’ la strada).
La quindicesima: Scìnni arririènnu e acciàna cianciènnu. Scende ridendo e sale piangendo. (E’ il secchio del pozzo: infatti si cala nel pozzo vuoto e quando risale e pieno d’acqua, un po’ la rovescia dai lati; le lacrime rappresentano, per l’appunto, l’acqua).
La sedicesima: C’è na cosa ca cùrri casa casa e si ferma ‘nta gnùni. C’è una cosa che corre per tutta la casa e si ferma negli angoli. (E’ la scopa: infatti quando si spazza il pavimento, ci si sofferma negli angolini perché è proprio lì dove la polvere si deposita maggiormente).
Noelia Ragusa V A Liceo Classico – Istituto “G. Carducci” – Comiso (RG)