Brave New World: degenerazione da cavo al guinzaglio

Golconda – René Magritte, 1953
Sembra quasi un titolo distopico, al limite dell’onirico, di uno di quegli articoli che ci fanno pensare a quanto il mondo sia perfettamente preciso nella sua immonda perfezione. E invece no, non è solo l’ennesimo riferimento alla civiltà degli Alfa e dei Beta di Huxley, ma piuttosto il capovolgimento di questa realtà, dove sono invece quelli che potremmo definire uomini Gamma ad essere al potere, dettando mode e regole di vita tramite il bullismo diffuso sui social o l’ostentazione dei beni materiali: stiamo parlando della nostra generazione, del nostro futuro a rischio per gli errori del passato, perseverati senza ritegno, della società che cambia al danzare degli anni che passano, in quello che sembra l’ultimo tango verso la totale perdizione dei valori morali.

Per il mondo, diciamocelo chiaramente, il periodo che va dal XX secolo in poi non è stato sicuramente dei migliori: guerre a destra e a manca, epidemie, nuove malattie che di anno in anno mietono milioni di vittime, fame e povertà in moltissimi paesi, crisi economiche e politiche; se poi aggiungessimo anche lo scioglimento dei ghiacciai e, perché no, il soccombere della vita sotto il bisogno delle fonti energetiche non-rinnovabili non ci potremmo certo definire baciati dalla dea bendata. Eppure lo troviamo un rifugio da tutto questo, nella tecnologia, sempre più presente e indispensabile all’interno della nostra quotidianità, ultra-mondo in cui tutto ciò che è reale passa in secondo piano a favore di ciò che ci viene presentato per vero. Indovinate da dove sta scrivendo questa critica sociale questo giornalista da strapazzo e interrompete per un secondo la lettura di questo articolo per guardarvi intorno: tutto ruota intorno al progresso tecnologico, dal frigorifero al tostapane, dal microonde all’aereo che sta solcando la cornice di cielo della finestra, dalla centrale elettrica a qualche kilometro da voi al “ti amo” cibernetico inviato su Whatsapp alla vostra anima gemella. Ma potremmo mai vivere senza tutto ciò? La risposta è molto semplice: sì. Ma vivremmo male.

Da anni sono sorte varie problematiche riguardo le fastidiose “allergie” di quella che potremmo chiamare la primavera tecnologica, ma l’essere umano sembra ancora non essersene reso conto, invischiato nella dipendenza da quello che un tempo era considerato fantascienza: problemi a livello sociale, di adolescenti che si rinchiudono in loro stessi barricati in custodie di dischi di giochi per PC, a livello lavorativo, campo in cui le macchine stanno progressivamente soppiantando il ruolo dell’uomo, a livello medico, con tutte le malattie derivate dall’uso spropositato degli apparecchi elettronici o dalla vicinanza a forti fonti elettromagnetiche. Ma, come ci insegna l’evoluzione, l’uomo si adatta al contesto storico di cui è protagonista, e per questo l’essere umano del XXI secolo non può fare a meno di controllare le notifiche di Facebook almeno una volta al giorno, imbambolandosi davanti a notizie già servite pronte e rientrando in una sorta di progetto (si spera) involontario di meccanicizzazione e oggettificazione. È certo innegabile che il progresso abbia allungato le aspettative di vita dell’umanità, rendendo possibile l’impossibile, ma tutto ciò ha un costo, forse troppo grande da pagare: la perdita delle nostre identità personali, dei nostri sentimenti e dei nostri valori morali, scavalcati da quella corsa al potere incarnata nella ricerca incessante di consensi e di popolarità ai danni del prossimo, sinonimo di guerre fredde portate avanti dall’indifferenza e dalla sottovalutazione del reale potere racchiuso anche in un semplice smartphone. Macchine sempre più attive e uomini sempre più passivi, concettualmente vuoti, privi di reali sentimenti e relazioni interpersonali, costretti al suicidio dell’anima, quasi come i protagonisti dei romanzi distopici, è questa la strada che il pianeta Terra sta imboccando, manovrato ad hoc da potenti burattinai. Ma è davvero questo quello che abbiamo scelto? O, meglio, abbiamo mai avuto scelta?

Demetrio Marino