Quando sono triste mi consolo così….

Credo che ogni persona, quando è triste, si comporti in modo diverso, magari stando in camera propria da sola o semplicemente parlando con qualcuno dei propri cari.
Io, invece, mi comporto in maniera differente a seconda delle situazioni e di quello che mi ha reso triste. Ad esempio, se è successo qualcosa a scuola che mi ha rattristato, mi consolo accoccolandomi a mamma, mangiando un ghiacciolo e guardando una serie TV che mi piace particolarmente e un bel film possibilmente allegro.
Invece se un litigio con mio fratello Mario mi ha reso triste, mi rinchiudo in camera mia per non vederlo e starmene da sola, aspettando che qualcuno, soprattutto mamma, mi venga a parlare e coccolare.
Devo dire che comunque in genere parlo con mamma e qualche volta con mio fratello (con papà parlo di meno perché penso che non mi capisca e perché spesso rientra tardi dal lavoro; è mamma poi a raccontargli e spiegargli quello che è successo) delle cose che mi hanno ferita e resa triste. In questo modo riesco a sfogarmi e a togliermi il peso che ho sul cuore e soprattutto a rasserenarmi, perché mamma riesce sempre a consolarmi trovando le parole giuste per farmi capire quali sono le cose importanti e che non sono sola ad affrontare i problemi e le difficoltà. Infatti, confrontandomi con lei, capisco che le cose che mi rattristano si possono risolvere e che la mia famiglia mi è vicina.
Parlare con Mario, invece, mi aiuta perché lui ha un punto si vista più vicino a quello della mia età e dei miei coetanei e quindi riesce a dare dei suggerimenti utili a risolvere le situazioni che mi feriscono con i miei amici/che e compagni/e di classe.
Altre volte, invece, preferisco consolarmi prendendo il cuscino che avevo da bambina e tenendolo stretto, perché serve anche stare da soli. Ed allora ricordo che non posso essere triste per cose stupide e che ci sono cose ben peggiori per cui esserlo.
Questi sono i miei modi per consolarmi quando sono triste, però so per certo che questi cambiano da persona a persona e non bisogna pensare che siamo tutti uguali caratterialmente.

Chiara De Stefano IIB
“Istituto Alberto Sordi”