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Siria, Trump bombarda base aerea di Shayrat. Pentagono: “risposta proporzionata ai raid chimici”

Primo intervento militare statunitense contro Assad, lanciati 59 missili Tomahawk sulla base aerea di Shayrat da dove, secondo Washington, sarebbe partito l’attacco chimico contro Khan Sheikhoun. La Russia parla di “aggressione a Stato sovrano” e “danni notevoli” ai rapporti con gli Stati Uniti. Damasco promette conseguenze da parte sua e dei suoi alleati.
Poco dopo le ore 20:30 di Washington, 3:30 di Damasco, della notte tra il 6 e il 7 aprile, è avvenuto l’impatto al suolo dei missili americani sulla base aerea di Shayrat, nel centro della Siria, da dove si presume sia partito l’attacco chimico del 4 aprile.
La Casa Bianca conferma che tutti i missili hanno colpito i loro bersagli e che si è trattato di un “attacco mirato e limitato” atto a “prevenire la diffusione e l’uso delle armi chimiche”.
L’agenzia di stampa siriana SANA afferma che nel bombardamento sarebbero morte almeno 15 persone in totale, 9 i civili, di cui 4 bambini.
La Russia come sempre sostenitrice di Assad ha definito l’attacco “un’aggressione illegittima che viola la legge internazionale” ed ha già sospeso l’intesa con gli Usa per la sicurezza dei voli durante le operazioni aeree in Siria.
Anche Mohamed Javad Zarif, ministro degli esteri dell’altro Stato alleato del regime siriano, l’Iran, ha espresso il suo parere dicendo: “gli Stati Uniti in Siria e Yemen combattono sullo stesso lato detto gruppi terroristici Isis e al-Qaeda”.
Parole di appoggio alla scelta americana arrivano invece dall’Europa, dove simultaneamente Francia e Germania hanno sottolineato come “intera responsabilità pesi su Assad” e ribattuto la necessità di “sanzioni adeguate dall’ONU per gli atti criminali e l’uso di armi chimiche”.
Dalla parte di Trump ci sono ovviamente anche gli storici nemici di Assad come Israele, l’Arabia Saudita e la Turchia di Erdogan; quest’ultimo ha anche affermato: “l’attacco alla base siriana è un passo positivo, anche se non sufficiente, spero che quest’operazione rappresenti un inizio”.
Ora è da vedere se realmente quest’evento abbia minato la collaborazione, tanto promessa anche da Trump in campagna elettorale, tra gli Stati Uniti e la Russia soprattutto per quanto riguarda la questione “Stato Islamico”, mentre si può solo sperare che la Siria e il suo popolo vedano presto la pace.

Federico Albonetti, IISS Giorgio Ambrosoli