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“La gente tace, e ancora non si è capito nulla, la chiesa bruciata di Tor Lupara è una pagina vergognosa e triste”

Il 26 ottobre del 1998, secondo alcune testimonianze dei cittadini “fontenovesi”, un uomo vestito di rosso entrò dentro la chiesa nativa di Tor lupara e iniziò ad “appiccare” l’incendio, facendo di quella chiesa un edificio “morto” ma allo stesso tempo uno dei simboli di questa provincia: “La chiesa bruciata di Tor lupara. Ora, a distanza di 19 anni, si è fatta una proposta per la riqualificazione dell’area interessata. L’area è di competenza dei Canonici di Sant’Agostino e il progetto prevede un budget di oltre un milione di euro, fondi reperiti dalla Congregazione con il coinvolgimento di investitori privati. “Il piano prevede un parco pubblico con tanto di anfiteatro, un campo sportivo e un’area dedicata ai bambini.” – spiega padre Oliviero, e in cambio di tale opera, per il bene del territorio, il comune promette la realizzazione di 60 alloggi, con i quali rientrare degli investimenti effettuati. Ancora però questa situazione non si è confermata, infatti i cittadini aspettano e continuano ad osservare dal proprio balcone l’immensa struttura. “La gente tace e ancora non si è capito nulla, la storia della chiesa bruciata è una pagina vergognosa e triste” – così afferma Salvatore Giuseppe Vicario, storico del territorio. Negli anni sono nate molte leggende sulla struttura abbandonata, si parla infatti di “riti satanici” con addirittura sacrifici animali e umani. Entrando nella struttura abbiamo scoperto cose interessanti, che possono in parte confermare quanto è stato detto: abbiamo trovato lo scheletro di un’anatra e vari “graffiti sinistri” e nella struttura del soffitto pendono alcune corde. Andando nella parte più buia dell’edificio, possiamo “ammirare” varie siringhe e preservativi, perché ovviamente i posti abbandonati sono perfetti per questo genere di cose…

Passati circa 3 anni, dall’ultima volta che siamo entrati ci siamo accorti che l’edificio era completamente sigillato e controllato dalle telecamere. Fino a qualche tempo fa – conferma padre Oliviero – c’era chi si introduceva nella chiesa, lasciando rifiuti e sporcizia”. Dai racconti di chi vive nelle vicinanze, nell’area della chiesa si trovava di tutto: bottiglie di birra, sacchetti di immondizia, escrementi, siringhe. “Ora però il problema è stato risolto. – assicura padre Oliviero – Anche perché tutti gli ingressi all’edificio sono stati chiusi con una rete metallica”.

Gianmarco De Grassi