Un amico speciale

Qualche anno fa, durante una gara di nuoto, ho capito per la prima volta cosa significa “essere diversi”.

Era una domenica, il sole splendeva in cielo, le nuvole erano avvolte nello zucchero filato ed io stavo andando alla mia prima gara di nuoto, il cuore batteva mille volte più forte di sempre.

Alla fine della gara ero fiera della medaglia ma sentivo che qualcosa in particolare mi aveva colpito: in quel momento mi resi conto che avevo gareggiato con la mia compagna di spogliatoio, che, nonostante le sue difficoltà, non riuscendo a camminare, si era fatta avanti, aveva avuto il coraggio di entrare in acqua e nuotare insieme a noi, incoraggiata da un potente applauso.

In quel momento l’aria era piena di emozioni.

Voi vi chiederete perché sono andata a toccare proprio questo argomento?

Il motivo è molto semplice: in classe abbiamo un amico speciale che sin dalla nascita ha avuto una serie di disagi.

Apparentemente è come tutti noi, può camminare, può correre, è autonomo nel mangiare ma probabilmente il suo cervello non ha avuto uno sviluppo normale.

Ha, infatti, difficoltà nel comprendere e nell’esprimersi: non riesce a formulare frasi di senso compiuto ed usa la mimica per far capire meglio cosa vuole dire o di cosa ha bisogno.

Il nostro compagno ha un udito particolare: sente i suoni in modo amplificato, fino ad avvertire fastidio.

In questi anni, mentre noi imparavamo a leggere, scrivere, a far di conto, il nostro “amico speciale”, guidato da una “maestra speciale”, imparava a ripassare i tratteggi delle letterine, a riconoscere le forme geometriche e le grandezze, ad usare le paroline magiche per chiedere qualcosa gentilmente.

Soprattutto ha imparato a convivere con noi e noi con lui. Nel tempo siamo riusciti a comprendere come aiutarlo in situazioni semplici, ma per lui più complicate come ad esempio, capire se buttare la buccia della banana o la bottiglietta d’acqua ancora piena.

È stato un piccolo maestro che ci ha insegnato ad essere più pazienti, meno rumorosi e soprattutto più rispettosi verso chi è diverso, imparando a non discriminarlo.

Da lui ho capito che anche queste persone possono avere una propria intelligenza, ad esempio il mio amico è il “genio del puzzle” perché riesce a completare anche quelli difficili, con minuscoli pezzi, in breve tempo.

Anche lui ha le sue capacità e abilità.

Penso di essere fortunata a vivere quest’esperienza, perché mi ha fatto riflettere sulla parola “diversità”: una persona diversa non va rifiutata ma compresa, aiutata e curata con affetto.

Solo in questo modo possiamo apprendere la lezione più importante della vita.

 

Silvia Sardelli, V C