UNA BATTAGLIA SENZA GLORIA

La battaglia di Salamina (480 a.C.) è stata il primo scontro navale ampiamente documentato della storia per le conseguenze che ebbe sulla politica e sulla stessa civilizzazione greca. L’impero persiano, spinto da ambizioni di conquista della Grecia, si scontrò con le poleis greche decise a difendere la propria indipendenza.

Il racconto che segue è il risultato di un laboratorio di scrittura creativa che ha coinvolto l’intera classe 1^C dell’Istituto Biologico. Protagonisti della vicenda narrata sono il generale ateniese Temistocle e Artemisia, condottiera di una delle flotte armate persiane. La narrazione è liberamente ispirata sia ai fatti studiati, sia alla visione del film Trecento.

Temistocle si fece scappare una lacrima nel momento in cui la mano di Scyllias lasciò la presa per abbandonarsi alla morte. Un amico così saggio e prudente non gli avrebbe più fatto da spalla, mai più. Si avvicinò al giovane figlio Callisto. Il ragazzo era a pezzi, scosso dall’accaduto, la guerra lo aveva prematuramente fatto divenate uomo, ilvolto pieno di tristezza mista a rabbia e un’irrefrenabile voglia di scagliarsi contro i persiani per vendicare la vita strappata al padre.

Le navi ateniesi erano ormeggiate nel porto di Salamina e Temistocle girava per l’accampamento preparandosi al meglio e motivando i suoi soldati all’aspra battaglia.

La flotta persiana avanzava in mare in formazione offensiva al cui centro si trovava la nave capeggiata da Artemisia, bella e terribile condottiera a servizio dell’Impero persiano.

Una nuova battaglia ebbe inizio, numerose navi attaccarono frontalmente la formazione persiana con la distruzione delle navi nemiche. Scontri corpo a corpo si svolsero sulle imbarcazioni e in quel momento le navi greche uscivano da dietro gli scogli comandate dal generale Temistocle. Sfondarono la formazione persiana e arrivarono direttamente alla nave di Artemisia. Temistocle si tuffò in mare e salì sulla sua nave, eliminò le sentinelle e si scontrò con la terribile condottiera escamando: <<Ora sono qui!>>. Con un abile scatto Artemisia afferrò la sciabola dell’avversario e tentò di infilzarla nel torace delo scaltro Temistocle che, spostandosi, evitò il fatale colpo. <<Unisciti a noi!>> gli sussurrava ansimando Artemisia. <<Potrai godere di una gloria immensa>>. <<Mai! Non l’avrai mai vinta!>> replicò perentorio Temistocle.

Questa risposta alimentò la furia della giovane guerriera che, brandendo la spada del defunto  re Dario, si gettò su di lui e cercò nuovamente di trafiggerlo. Ma mentre innalzava ancora l’arma al cielo, una freccia le si conficcò in pieno petto facendola cadere al suolo barcollando come in una macabra danza. Il guerriero greco in quel momento si rialzò e, voltatosi, vide il giovane Callisto impugnare un arco. <<In nome di mio padre!>> gridò fiero. Re Serse, allora, ordinò la ritirata persiana e giurò vendetta.

Il mattino seguente fra i due eserciti infuriò un sanguinoso combattimento. La fitta nebbia mattutina avvolgeva le navi e creava un’atmosfera inquieta e surreale. Le navi persiane iniziarono a farsi vedere in lontananza e i soldati ateniesi si prepararono a quella che sarebbe stata, speravano, l’ultima, vittoriosa battaglia.

Lo scontro iniziò nel momento in cui gli occhi di Artemisia incontrarono quelli di Temistocle: come? Era proprio lei? Era ancora in vita? Così statuaria e altera si ergeva a poppa della sua nave. Lo sguardo impenetrabile e fiero della guerriera gridava vendetta per aver visto la sua famiglia sterminata dai soldati ateniesi. Venne abusata per anni finchè re dario non volle la giovane, addestrata come una perfetta guerriera, a capo di alcune delle sue flotte.

<<Di’ un po’, caro …. – disse Artemisia, avvicinandosi a lui come una tigre che avvista la sua preda – hai ancora tanta voglia di battermi?>>. Lunghi minuti di battaglia si fecero largo in quella che si annunciava come una sconfitta per gli ateniesi. <<Ultimo desiderio?>> ironizzò Artemisia che gli camminava davanti con lentezza impressionante. Era bella quanto dannata. Improvvisamente, distolta da un’esplosione, Temistocle trovò l’opportunità di puntarle la spada dritta al collo.<<Sono innamorata di te dal primo giorno che ti ho visto, guerriero!>> confessò languida e, per nulla spaventata, si abbandonò tra le sue braccia. Ad Artemisia venne meno l’astuzia cedendo alla passione che le infiammava l’anima, in quella lotta tra ragione e sentimento che dentro di lei si combatteva. In quel momento Temistocle venne richiamato dalle urla dei suoi soldati scarventati in mare dai persiani e gli balenò l’idea che quella di Artemisia fosse una subdola strategia e, accecato dall’ira, la trafisse con la lunga spada. Il sangue le sgorgava copioso, il suo grido era quello di una bestia proditoriamente ferita a morte, il suo sguardo esprimeva incredulità e dolcezza, la sua bocca sembrava chiedere pietà.

La battaglia continuò dura, aspra, insensata come tute le altre. Per la prima volta, vedendo le navi nemiche in ritirata all’orizzonte, Temistocle non esultò. Rientrati ad Atene, i guerierifurono festeggiati dai cittadini che avevano preparato per i loro eroi  trionfali cerimonie ed un sontuoso banchetto.

Gli studenti di 1C