Il “genere” dell/nell’architettura

L’architettura è stata una delle prime professioni praticate dall’uomo per la sua sopravvivenza, caratterizzandosi sin da subito per l’unione di arte e tecnica. Nei secoli il “genere” associato a questa figura è stato prevalentemente quello maschile, come d’altronde per altre professioni.

Vi era, e la cronaca ci dice che persiste ancora oggi, una difficoltà oggettiva per la donna, almeno fino a cinquanta anni fa, nel seguire, gestire e controllare le complesse e difficili fasi di un qualsiasi processo progettuale e il controllo del cantiere. Non a caso ho scelto per questo articolo un titolo provocatorio, forte. Forse. Mi sono chiesta se nel XXI secolo abbiamo ancora pregiudizi e differenze di ” genere”. È una domanda che non interpella solo il mondo dell’architettura, ma la società in cui viviamo.

La prima donna architetto laureatasi in Europa era finlandese e pare proprio essere stata Signe Hornborg (1862-1916). Si laureò a Helsinki nel 1890. Iniziò a lavorare quasi subito autonomamente, occupandosi di progettazione di residenze ed edifici pubblici. Date e informazioni ci lasciano nello sconcerto, per il ritardo che c’è stato nell’integrazione delle donne e per il loro riconoscimento in questo ambito professionale, poiché é noto che, purtroppo nonostante tutto, questo ambito, come altri, rimane ancora prettamente maschile. La prima italiana laureatasi in architettura invece, è stata Elena Luzzatto (1900-1983) che nel 1925 concluse gli studi alla Regia Scuola Superiore di Architettura di Roma.

Negli anni Ottanta del Novecento, si faceva fatica a trovare progettiste donne tra gli archistar, salvo rare eccezioni, mentre nei primi anni Novanta, si è anche verificato, ciò che i giornali del tempo definirono il “sorpasso rosa”. Per la prima volta, tra gli iscritti alle facoltà di Architettura, e più in generale nelle università italiane, risultarono più donne che uomini.

Da quel dì della discussione della tesi di Hornborg, vi sono state molte donne architetto, si sono compiuti innumerevoli passi avanti. Tra i nomi di illustri archistar si annovera quello dell’anglo-irachena Zaha Hadid (1950-2016), Kazuyo Sejima, Gae Aulenti, Anna Ferrieri Castelli, Cini Boeri e Franca Helg che lavorava insieme a Franco Albini. Per comprendere come e in che misura sono mutate le condizioni lavorative per una donna architetto, si sono rivolte alcune domande a cinque architetti, due uomini e tre donne. La seconda parte dell’articolo è basata sulla loro esperienza.

Al primo quesito, posto alle nostre tre architette, se avessero incontrato ostacoli nel loro percorso di studio e successivamente in quello lavorativo, la risposta è stata sorprendentemente concorde. E “no”, non ne hanno incontrato, mentre affermano di aver dovuto fronteggiare ostacoli in ambito lavorativo. La spiegazione data è che nella libera professione la donna è ritenuta “meno adatta” dell’uomo. Dalle interviste emerge anche come, a prescindere dal genere, non vi sia un buon sostegno ai giovani professionisti nell’avviare un’attività autonoma, e che in Italia, vi sono non pochi ostacoli da superare anche a livello economico,

Opinione concorde degli intervistati, al quesito se vi sia pari riconoscimento di competenze, senza discriminazioni tra uomo e donna, la risposta è stata anche questa piacevolmente affermativa, “Sì, esistono pari riconoscimenti”, sia in ambito accademico che in quello lavorativo, e si riconoscono alla donna qualità proprie del genere come ci dice Luigi Catenacci: “Sul lato lavoro dipendente o comunque subalterno, invece, quello che vedo è un’ampia preferenza verso gli architetti donna. Possiamo facilmente comprenderne i motivi, o quantomeno conosciamo i luoghi comuni da cui si parte: maggiore preparazione, maggiore disponibilità rispetto agli uomini, meno individualismo, più senso di appartenenza a un gruppo.” mentre emergono le difficoltà, per una donna, nel conciliare la libera professione che richiede molto tempo, e realizzarsi come donna e madre, a causa delle difficoltà nell’organizzazione del quotidiano e nella gestione delle responsabilità. Considerazioni queste rimarcate dalle architette Passaseo e Fausta Mecarelli, quest’ultima sottolinea come sia difficile il: “carico di stress o di diminuzione nella qualità della vita (per una donna ndr) volendo impegnarsi fino in fondo, e parlo sì di soddisfazioni ma anche di notti insonni per rispettare le consegne o di domeniche e festività trascurate per il lavoro.”

E a livello contributivo, di guadagno, esistono differenze? “In questo l’ordine professionale non prevede differenze retributive differenziate per genere.” Ma è innegabile una maggiore differenziazione distributiva degli incarichi in quanto si tende a dare maggiori incarichi agli studi appartenenti a uomini, in cui le donne sono collaboratrici, e sebbene l’Ordine Nazionale, come ricordato dai nostri intervistati non prevede alcuna differenza, nei fatti invece si verifica, tanto da essere una delle azioni dell’A.D.A1. Differenza determinata anche dalle opportunità lavorative che possono offrirsi al professionista.

Parere univoco sulle condizioni lavorative migliori, sulle maggiori opportunità per chi, a prescindere dal sesso, intende svolgere questa antica professione, emerge dalle esperienze dirette e non, degli intervistati, la situazione, ci dicono, in altri paesi europei, è più favorevole rispetto a quella italiana.

Qui desidero aprire una parentesi sulle differenti condizioni lavorative della donna in Italia e in Europa. La maternità in Italia, risulta ancora fonte di discriminazione ed è ancora causa principale dell’abbandono del lavoro da parte delle donne. In Italia è percepita come un fatto privato a cui non viene riconosciuto un valore sociale. Stante alla normativa, la lavoratrice è tutelata dall’inizio della gravidanza e fino alla nascita del bambino. Purtroppo però dalla legge scritta all’applicazione concreta della stessa vi è un abisso. La situazione degli altri paesi europei, dicevamo è diversa, si attuano tutta una serie di azioni per supportare la donna e le giovani famiglie. La donna lavoratrice ha tutti i diritti per poter mettere al mondo un figlio e di poter intraprendere la carriera che desidera.

Al quesito posto agli intervistati, se possa essere o no pregiudizievole l’approvazione di un progetto se questo è stato realizzato da un uomo o una donna architetto, la risposta concorde è “no”, il successo di un’intervento è dato dalla qualità e potenzialità del progetto indifferentemente dal candidato. Certo tenendo presente che: “il mestiere dell’architetto, soprattutto a certi livelli, non può prescindere da un livello alto di compromissione con il potere” e questo inevitabilmente ha delle ricadute anche nella vincita di appalti, concorsi.

Il riscatto della donna nel mercato del lavoro è avvenuto con un processo iniziato negli anni ’60 e ’70 in cui, grazie ad un intensificarsi delle lotte si è gradualmente avuto una maggiore presenza femminile in diverse professioni, e che ha consentito, nel tempo, di stabilire un maggiore equilibrio tra le parti. Le difficoltà di una donna architetto è di farsi rispettare dalla manovalanza del cantiere, oltre di essere pienamente accettata come professionista competente senza quei pregiudizi denunciati dalla celebre affermazione di Gae Aulenti: “Mi fa imbestialire la ghettizzazione in genere. A cominciare da chi dice: come architetto ho preso una donna”. Anche dalle interviste viene alla luce come, lo stare in cantiere e dirigere i lavori sia un’esperienza dura per una donna. Tutti gli architetti interpellati sostengono come ogni ostacolo sia sorpassabile dalla professionalità, dal maggior impegno da parte di una donna in un mondo a forte rappresentanza maschile e che, come afferma l’architetto Ciotti: “a torto, ritiene meno qualificate le donne” soprattutto la manovalanza nei cantieri.
Sempre Ciotti scrive: “Per me il vero passaggio c’è stato negli anni ’80 ed ha riguardato l’intera società. Molte donne architetto sono impegnate in ambito pubblico spesso con responsabilità notevoli (si guardi ad esempio, alle Sovrintendenze o agli uffici urbanistici), ma comunque in campo professionale privato si fanno valere.”.
Come ultima domanda ho chiesto se, a parer loro, “vi sia un’ottica, una sensibilità diversa, magari più attenta all’utenza, soprattutto nella progettazione di edifici e luoghi pubblici nei progetti delle donne architetto”, dalle risposte emerge come la sensibilità sia una qualità di pochi ma può essere sia di un uomo che di una donna dato che la differenza è data dal singolo e che:“ Il “progettare” richiede una ampiezza di vedute che vanno dal talento dell’immaginazione alla preparazione tecnica, alla capacità di saper vedere, ascoltare, interpretare tutto quello che ci circonda. E credo che tutto questo sia un dono di pochi..” Parole sagge quelle dell’architetto Marina Paris, che cito volentieri dato che racchiudono il pensiero che hanno espresso i nostri intervistati. Anche se non si nega la grande sensibilità che possiedono le donne. Sensibilità espressa dalle designer nel riprogettare, rimodulare, gli oggetti della quotidianità da sempre utilizzati dalle donne in casa.

Ringrazio tutti i professionisti per avermi dedicato tempo prezioso. Un ulteriore ringraziamento per l’ultima domanda posta ai nostri architetti, che hanno saputo spendere parole forti ed incoraggianti per poter perseguire questo cammino, hanno saputo mostrarmi, come emerge nell’articolo, gli aspetti di questo affascinante mondo.
Consigli che voglio riportare, per chiunque altro che come me, vorrà intraprendere questa professione e che sono racchiusi nelle parole di Fausta Meccarelli e Marina Paris: la prima scrive: “L’architetto è senz’altro una persona curiosa, aperta, con la voglia di conoscere cambiando, talvolta, prospettiva, direzione dello sguardo per andare verso gli altri; possiede qualità a cavallo tra sensibilità culturale e competenza tecnica” mentre la professoressa Paris afferma: “Ama fortemente tutto quello che dovrai affrontare e studiare, sarà la cosa più bella che ti possa capitare nella vita. Sorprenditi sempre, sii curiosa, sempre e di tutto, l’architettura richiede mille conoscenze, segui sempre il tuo istinto ma accetta anche le critiche se costruttive. Pratica il dubbio ma nelle scelte finali non lasciare spazio all’incertezza. Sarà un bel viaggio vedrai, un viaggio che dura tutta la vita.”

 

Testo:Alessia Baglieri V B – Liceo Artistico Statale Ripetta, Roma
Realizzazione immagini: Mattia Michela, Clementini Cecilia, Cavola Alessandra, Folchi Aurelio, Attolini Tommaso, Silvestrini Silvia, I E – Liceo Artistico Statale Ripetta, Roma
Docente: Oriele Orlando