• Home
  • Blog
  • Articoli
  • Reddito di cittadinanza o reddito minimo? (per non parlare di Arlecchino…)

Reddito di cittadinanza o reddito minimo? (per non parlare di Arlecchino…)

Cosa significa “reddito di cittadinanza”? In tanti lo elogiano e altrettanti lo sconsigliano, ma qual è il vero significato del reddito di cittadinanza, e perché è un argomento così discusso?

di Flavia De Muro e Marta Rosa

Quando si dice e si scrive che, nell’Unione Europea, solo l’Italia e la Grecia non hanno un reddito di cittadinanza si fa confusione fra reddito di cittadinanza, che è universale e incondizionato, e reddito minimo, che è selettivo e condizionato.

Nella maggior parte dei paesi europei si parla di reddito minimo, che permette a chiunque in età lavorativa, e indipendentemente dal fatto che lavori oppure no, un’integrazione di reddito che lo porti a un livello minimo accettabile. L’idea del reddito minimo, in altre parole, è di non permettere a nessuno di scendere al di sotto di una determinata soglia di reddito, o linea della povertà.

In Italia, invece, fin troppi confondono il significato di reddito minimo con reddito di cittadinanza, ignorando una differenza sostanziale.

Si pone un altro problema: gli immigrati regolari avrebbero diritto al reddito di cittadinanza oppure dovrebbero continuare a sgobbare per ricevere una miseria, e quali ne sarebbero le conseguenze? La concessione del reddito agli immigrati scatenerebbe, nel nostro paese, ulteriori spinte migratorie nonché atteggiamenti xenofobi.

D’altro canto non concederlo significherebbe ammettere una classificazione di stati sociali, dove ad una massa di cittadini poveri – ma assistiti – corrisponderebbe una sotto-classe di immigrati costretti a lavorare con un reddito ancora inferiore per reggere la concorrenza degli italiani.

Quali sono, ancora, gli ulteriori requisiti per accedere al suddetto reddito? Non si sa nemmeno questo. Potrebbero essere simili a quelli previsti dalla carta SIA: presenza di figli minori; nuclei familiari monogenitoriali, per esempio una madre single; presenza di disabili in famiglia; presenza di disoccupati; basso ISEE a 3.000 euro.

Il reddito di inclusione potrebbe essere suddiviso in due tipi diversi di aiuti: un sostegno al reddito con un bonus fino a 500 euro, variabile in funzione del numero dei componenti del nucleo familiare; un contributo economico, erogato in funzione della partecipazione del beneficiario a un progetto socio-lavorativo, con importo variabile in base al numero dei componenti.

Il REI, però, non sarà riconosciuto senza fare niente, perché il progetto prevede l’attivazione di appositi percorsi obbligatori per i beneficiari tra i quali: mandare i figli a scuola e mantenere una performance scolastica adeguata; tutelare la salute dei ragazzi e dei bambini; impegnarsi nella ricerca attiva di un’occupazione, per velocizzare così il reinserimento delle persone disoccupate ed inoccupate all’interno della famiglia.

Il “reddito-Arlecchino” (come è stato definito da Luca Ricolfi, sul Sole 24ore), di conseguenza, non si sa cosa sia, come funzioni, e chi debba beneficiarne. Che cosa ci aspetta?