Una vita da giraffa

Ciao a tutti, sono Frank la giraffa e vorrei raccontarvi la mia storia e alla fine sarete voi a decidere se ridere o piangere della mia sorte. Da piccolo mi divertivo molto, inutile dirlo che vivevo nella Savana, distese immense, quasi infinite, che se io e il mio branco correvamo fino allo sfinimento non vedevamo mai la fine. Sopra di noi c’era solo il luminosissimo sole, che solo chi lo ha visto ne può percepire il calore già dalla descrizione. Giocavo con i miei fratelli ed il nostro gioco preferito era quello di prendere la foglia di acacia più alta da un albero. Mi ricordo di quando per vincere mi si incastrò la testa in due rami, fino a quando,con vergogna, dovetti chiamare i miei genitori a farmi liberare. Fino a qui è stata un infanzia normalissima e felice, ma come tutti sanno le cose belle hanno una fine. Infatti mi ricordo come se fosse ieri di quando un giorno io e il mio branco sentimmo rumori strani, che non avevamo mai udito prima e subito dopo intravedemmo un’enorme macchina. Cominciammo a correre impazziti per lo spavento, senza sapere dove rifugiarci. Io corsi meno veloce degli altri, quindi mi ritrovai circondato da un branco di uomini che imbracciavano strani fucili. Da quel momento la mia memoria diventò un buco nero. Il mio bellissimo sole era scomparso, intorno a me sentivo solo pianto e disperazione. Scoprii ben presto di trovarmi all’interno di una stiva di una nave insieme ad altri cuccioli di specie diverse dalla mia, quindi ahime ero disperatamente solo! Molto tempo dopo arrivammo a destinazione, fummo sbarcati e ancora una volta divisi e portati in uno zoo. Appena entrato nel recinto fui accolto da una giraffa anziana. La cosa che mi colpì di più del mio compagno è che non aveva più la voglia di vivere. Al contrario delle giraffe che io avevo sempre conosciuto, che si muovevano con un ‘eleganza naturale, questo si spostava trascinandosi da una parte all’altra del recinto come se fosse rassegnato alla morte. Pochi giorni dopo scoprii che quello che avevo scambiato per un vecchio stanco, in realtà aveva pochi anni in più di me. Il fatto di stare tutti questi anni privato della libertà di movimento aveva fatto sì che io lo scambiassi per un vecchio morente. Fu allora che decisi di non fare la sua stessa fine e cominciai a progettare la mia fuga. L’occasione mi si presentò pochi mesi dopo quando il lucchetto del mio recinto si ruppe e fu sostituito da un gancio provvisorio che riuscii a forzare. Aspettai la chiusura dello zoo e che i visitatori e il guardiano se ne fossero andati nelle loro abitazioni per scappare. Mi ritrovai in una città circondato da rumori, luci, macchine e camion che mi spaventavano. Le persone alla mia vista urlavano e scappavano via terrorizzandomi ancora di più. Mi nascosi per qualche tempo, ma vi lascio immaginare la fatica, perché ero alto più di tre metri! Purtroppo non riuscii a trovare un modo per ritornare nella mia savana e come se non bastasse fui catturato di nuovo. Fui riportato indietro nel mio vecchio recinto dove però non ritrovai più il mio compagno di prigionia. A quel punto capii che sarebbe arrivata presto la mia fine e che il prossimo che fosse arrivato avrebbe pensato che io fossi il vecchio stanco.
Tiberio Muzi
Alberto Sordi Roma