Arancia meccanica, il classico “instancabile”

“Arancia Meccanica” è un romanzo distopico di genere fantascientifico, sociologico e politico scritto da Anthony Burgess nel 1962 che mostra una realtà futura improntata sull’ultraviolenza praticata per lo più dai giovani ma che si ramifica nel pensiero di fondo di tutta la società. Il protagonista, magistralmente interpretato da Malcom MacDowell nella superlativa produzione cinematografica del grande Stanley Kubrick, è Alexander DeLarge, un ragazzino in età adolescenziale che insieme ai suoi “drughi” (Georgie, Dim e Pete), cioè secondo l’etimologia russa del nome “amici”, costituisce una banda di teppisti spietati e per niente scrupolosi che spesso, dopo le loro dissolute scorribande, si dissetano al Korova Milk Bar dove sorseggiano lattepiù ovvero latte con aggiunta di anfetamina e altre sostanze stupefacenti. Tra stupri e violenze di vario genere, Alex viene arrestato all’età di 14 anni per omicidio di una donna, compiuto per puro divertimento. Alex, così come la maggior parte dei personaggi dell’opera, è estasiato dalla violenza e ciò spiega che non si dedica a pestaggi e altri brutali atti per un preciso motivo ma semplicemente e quasi ingenuamente per puro godimento. DeLarge è oltrettutto un appassionato di musica classica, specialmente per quella di, come viene da lui chiamato, “Ludovico Van” e cioè l’eccelso Ludwig Van Beethoven che con le sue melodiose sinfonie ci accompagna per tutta la durata del film insieme a quelle Rossini.
Mentre Alexander è in carcere, viene a sapere che il nuovo governo in carica promette la scarcerazione di colui che si sarebbe offerto per la “cura Ludovico”, ovverosia una rieducazione per rendere innocui e obbedienti i perversi cittadini detenuti nelle carceri al fine di ridurre il sovraffolamento delle stesse, quindi, si tratta chiaramente di una manovra politica combinata ad un esperimento sociale. Ovviamente il quattordicenne al sol pensiero di uscire di prigione si propone immediatamente come volontario e viene scelto. La cura, però, si rivela una vera sfortuna per il nostro piccolo violento protagonista, infatti consiste nella somministrazione di un potente farmaco unito alla visione di pellicole dai contenuti estremamente aggressivi accompagnati da un fondo di musica classica (per esempio la nona sinfonia di Beethoven) fatte obbligatoriamente vedere ad Alex mentre indossa un casco munito di pinze che gli tengono gli occhi mostruosamente spalancati. Tale “cura” provocherà ad Alex un senso di nausea e forti dolori tutte le volte che penserà e vedrà un atto di violenza o anche solo se ascolterà una delle canzoni facenti parte della colonna sonore delle pellicole da lui viste. A questo punto del storia tutti gli spettatori sposteranno l’attenzione su una riflessione a parer mio quasi automatica: preferiamo avere libertà d’espressione e quindi rimanere noi stessi pur essendo persone completamente perverse che probabilmente passeranno la loro vita in carcere o quanto meno perseguitate, oppure essere accettati dagli standard socialmente e politicamente corretti che ti vengono imposti dal sistema sociale perdendo la propria libertà d’essere?
Ecco che a questo punto “Alexino” diventa inaspettatamente un innocuo burattino nelle mani dei politici, apparentemente un cittadino modello ma che in realtà conserva latente la sua voglia di infliggere male agli altri, proprio come un’arancia ad orologeria pronta a innescarsi per poi scoppiare improvvisamente: il titolo originale del romanzo rappresenta infatti l’omonima espressione inglese per identificare una personalità apparentemente innocua e priva di spigoli come un’arancia ma che al suo interno ha i complessi meccanismi di una bomba pronta ad esplodere.
Rilasciato come libero cittadino, in seguito, Alex subisce tutti i dolori che all’inizio della storia vediamo infliggere alle varie vittime che finalmente trovano vendetta, egli poi, non sopportando più il malessere causatogli dalla cura Ludovico decide di suicidarsi gettandosi dalla finestra ma con scarsi risultati; Alexander infatti entra in un lungo coma dal quale una volta risvegliato è nuovamente capace di praticare la sua amata ultraviolenza. Sorprendentemente, alla fine del romanzo il nostro capo dei drughi riesce a diventare un funzionario dello stato: un poliziotto. Questo finale pone una grande paradosso: la difesa del bene comune dei cittadini praticata da un ragazzino teppistello condannato ad omicidio in età di fanciullezza.
Arancia Meccanica, quindi, da romanzo e film del tutto destabilizzante e contorto mostra la vita violenta e irrazionale di un ragazzino puramente malvagio che diventa vittima di un altro tipo di violenza: la violenza di chi detiene il potere.
Alice Jennifer Ruffo – Classe 2B