Datemi un punto e vi dipingerò il mondo – Racconto

Collegio delle belle arti, Parigi, 1874
“Coraggio, ragazzi, svelti! Agguantate tutti un foglio nuovo di zecca. Voglio che vi prendiate una pausa dal vostro compitino “. In una stanza illuminata dalla flebile luce di una glaciale mattina d’inverno molti alunni, sfregandosi qua e là le mani per il freddo, erano freneticamente alle prese con degli schizzi che, presto o tardi, si sarebbero sicuramente trasformati in veri e propri dipinti ufficiali da sottoporre all’esame scrupoloso del loro insegnante. Monsieur La Flèche, questo era il suo nome, aveva però decisamente scelto il giorno sbagliato per interrompere il loro tenace compito con un altro più ” leggero e divertente” (come s’immaginava lui), solo per la smania di testare la loro capacità d’improvvisazione e metterli così anche un po’ inaspettatamente alla prova. Era infatti decisamente una giornata troppo simile al Circolo Polare Artico per avere idee chiare e distinte e per pitturare, con il cervello a forma di ghiacciolo e le mani ricoperte di geloni.
Fatto sta che, dopo tale intrepida affermazione, tutti lo guardarono con una sottile punta di vago interesse misto a inquietante incertezza. “Da bravi, su! Prima lo prendete e prima scoprirete cosa io voglia da voi”, fissò i suoi occhi azzurri e incavati e incorniciati da due cespugli di sopracciglia nerissime sulla testa di un ragazzino dai folti capelli rossicci. “Anche tu, Jean Pierre, certamente. Guarda che non sei mica esonerato solo perché il tuo paparino è in prigione… coraggio!” Il ragazzino annuì con gli occhi sottilmente velati dalle lacrime: ahimè, non aveva ancora superato la batosta!
Tutti i ragazzi allora disposero, con fare militarescamente corale, il foglio ordinato sul banco. “Perfetto. Ora, sentitemi bene: voglio che disegniate al centro esatto del vostro foglietto…”, tutti i ragazzi alzarono a poco a poco come incantati i loro occhioni sulla faccia paffutella e puntellata di nei del loro maestro, ”…un punto!” L’uditorio giovanile continuò a osservarlo francamente un po’ allibito, ma nessuno comunque osò fiatare. “Sconcertati, non è vero?”, riprese la Flèche,” Ebbene, se non vi piace l’idea del punto ‘fai-da-te’, ridacchiò amabilmente, “fate finta che esso sia uno sporco accidentale. Ecco, quello che io desidero è che voi lo facciate scomparire al più presto dal vostro benedetto foglietto, senza ovviamente cancellarlo con la gomma ma ridandogli nuova vita: facendolo cioè rinascere… – come dirvelo in modo più chiaro? – dalle proprie ceneri, ecco. Dalle proprie ceneri, dicevo, un po’ come…” e si mise a pensare fra sé e sé “…la Fenice, sì.” I giovani si guardarono l’un l’altro senza spiccicare parola e poi, una volta messa insieme qualche idea nel loro cervellino ghiacciato, taciturni, si misero al lavoro.”
Dopo circa un’oretta, Monsieur la Flèche decise di passare tra i banchi per vedere che cosa avessero combinato i suoi allievi.
“Divertente questo, sul serio, Jacques!” esordì indicando il lavoro di un allievo che aveva disegnato il volto di un cane che abbaiava a partire dal punto centrale. ”Un po’ banaluccio a dire il vero, Jean” se ne uscì un attimo più tardi, riferendosi al disegno del ragazzo, il cui punto era diventato il centro di un semplicissimo fiore di campagna (o forse una stella alpina, difficile stabilirlo…).
“A dir poco disgustoso, Maurice”, esclamò con disappunto e senza mezzi termini, osservando i cerchi storti e gli scarabocchi sconclusionati del ragazzo. Poi arrivò il turno di Georges, in ultima fila, con il quale un tempo c’era stata una lievissima disavventura. Era successo infatti una volta che Georges avesse preso i pidocchi e da che finì con l’attaccarglieli di brutto divenne per il rancorosamente infantile Monsieur la Flèche, che non lo aveva mai dimenticato, “pidocchio”… e la cosa irritava un mondo il fantasioso Georges. “Oh, per l’amor di Dio”, urlò in preda allo stupore, vedendo tutti quei puntini uno accanto all’altro e i colori così sgargianti. “Che diavolo hai combinato mai, Georges pidocchio?”
“Ho fatto quello che mi aveva chiesto, signore”
“No, caro mio, ti sbagli. Non ti avevo forse chiesto di CANCELLARE il punto?
“Sì, signore”
“Ebbene, tu quanti punti vedi?”
”Nessuno, signore”.
In realtà, il foglio era ricoperto di punti da cima a fondo. Ma la Flèche non aveva capito niente del piccolo capolavoro che aveva di fronte. In esso Georges era riuscito a dilatare graziosamente l’intera visuale, mimetizzando il punto centrale con un’infinità di altri punti e immortalando un simpatico abbozzo di uomini e donne in riva al mare che, pur partendo da un misero e scarno e “finito” punto, emanava un che di… INFINITO. Era facile perdersi tra quei punti che erano simili alle onde di un mare che s’increspano senza fine né inizio.
“Come nessuno? Mi prendi in giro, forse? Ma se è pieno? continuò la Flèche con la sua aspra invettiva e continuando anche a non capire , “Molto male, ragazzo, hai disobbedito alla mia tacita richiesta. Dove penserai di finire, comportandoti così? In qualche museo… sai cosa ti dico? neanche di sfuggita! Toglitelo pure dalla testa. Puntini, puntini, puntini… puah! Si allontanò dal banco schifato.

Art Institute Chicago, 2004
“Oh, quanto è bello!”, un ragazzino strattonò all’improvviso la mano della propria madre indicandole un quadro in un’ampia sala del museo cittadino.
“Ah, guarda che intenditore, eh, il piccolo David! Sappi che ti stai riferendo a un pittore come pochi. Pensa: si dice che come te da bambino avesse sempre da ridire del proprio maestro e non lo ascoltasse mai, mandandolo a dir poco in bestia. Eppure, guarda che cosa ha fatto. Ha gettato una pennellata d’infinito sulla tela e sulle nostre tenere vite.”
“Merito dei puntini, mamma, merito dei puntini: con essi ha dipinto il mondo!” “Forse hai ragione, David. Del resto, l’hai studiato anche tu, solo un insieme INFINITO di punti è in grado di comporre una retta infinita…”
Era così bello per chiunque capitasse all’Art Institute di Chicago ammirare in santa pace “Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande-Jatte” di Georges Seurat. Già, proprio lui. GEORGES “pidocchio”…

Chiara Donati – Classe 4D
Liceo Classico “Galileo” di Firenze