La scuola che fa la differenza stavolta è quella italiana

Se usciamo da scuola, le differenze sociali si accentuano. Se restiamo a scuola, invece, le differenze si annullano. Questo singolare connubio, binomio, di bene e male, sale e pepe, tarallucci e vino, rappresenta in poche parole la condizione del Belpaese, dove (pur, come s’è visto, con luci e ombre ma comunque meglio di quanto accada nei sistemi scolastici di tante altre realtà europee e del mondo), pare che l’insegnamento funzioni, anche per gli allievi meno abbienti. Ma come varia il cosidetto gap tra studenti svantaggiati e compagni più fortunati nel corso della vita, dopo il diploma, in termini di abilità in Lettura e Matematica?
Questo l’indagine Ocse si propone di dimostrare e “quantificare” in termini di percentuale (e non solo). Per contabilizzare, infatti, le differenze di performance in Lettura e Matematica dei quindicenni di una quarantina di paesi dei cinque continenti, che ogni tre anni partecipano all’indagine Pisa (Programme for international Student Assessment), con lo stesso gap riscontrato tra i soggetti di 25/27 anni che partecipano all’indagine Piaac (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) sulle capacità in lettura e matematica degli adulti, gli esperti dell’Ocse hanno messo a punto un indice, facendo venir fuori una realtà più che sorprendente: dopo il diploma le differenze di prestazione tra studenti avvantaggiati (cioè con almeno un genitore laureato e con oltre 100 libri a casa) e svantaggiati (cioè con meno libri e genitori con un livello di istruzione più basso) crescono in tutti e 20 i paesi oggetto dello studio tranne che in Canada, Stati Uniti, Corea del Sud e – udite, udite! – anche in Italia, che riesce del resto a tenere abbastanza vicini i risultati degli studenti con opportunità di partenza assai diverse. Dunque, la scuola italiana è sic et simpliciter più “inclusiva” di quanto si pensi e riesce a supportare meglio anche i soggetti meno fortunati sia per quanto riguarda le competenze di quella che gli inglesi chiamano orgogliosamente literacy (letteratura), sia per quanto riguarda la numeracy (matematica). Confermando perciò che nel Belpaese la scuola riesce ad attenuare le differenze socio economiche di partenza.
E dell’agognato traguardo, cosa sanno dire di bello le ricerche? Intendo dire, del mondo “fuori” della scuola? Ecco, questo è il problema, in effetti. “Il mondo del lavoro, la formazione professionale e l’università”, sostiene l’esperta Ocse Francesca Borgonovi, “non sono in grado di alleviare le differenze tra classi sociali che emergono alla fine della scuola dell’obbligo, anzi tendono a rinforzarle.” Che dire? Sarà colpa del cosiddetto “governo ladro”, dell’homo homini lupus dilagante o forse delle parole profetiche del grandissimo e attualissimo Oscar Wilde? Soleva dire un po’ utopicamente ma non a vuoto: “La scuola dovrebbe essere un luogo bellissimo: così bello che i bambini disobbedienti, per punizione, il giorno dopo dovrebbero essere chiusi fuori dalla scuola”. Sembra davvero che di questi tempi così burloni, sia il mondo fuori dalla scuola (che appiana sorprendentemente così tante differenze), l’unica vera punizione per i nostri giovani. Ed è questo a fare la vera, tristissima, differenza…
Chiara Donati – Classe 4D