Notte di sangue al Centro ipercommerciale – Racconto

Calò il sole su quel paesello di campagna. Il paese era conosciuto solo per il suo grande sito archeologico, grazie a questo il paese si era sviluppato e per il grande afflusso di persone era stato costruito un grande centro ipercommerciale che fondeva antico e moderno. Così fu d’uopo assumere delle guardie per pattugliare sia il sito che il centro, che si trovava al secondo e al terzo piano del grattacielo costruito apposta. Le guardie si spostavano su degli Hovertrax volanti; si era reso necessario motorizzarle per renderle più veloci ad arrivare dove c’era bisogno: per ogni problema erano munite di una pistola laser con effetto bloccante che agevolava la cattura dei furbetti. Nonostante fosse l’anno 2080, ancora c’erano delle bande che colpivano in gruppi. Uno dei più temuti era contro Maurizio, un tipo che si spostava su una strana sedia a motore biodinamico che faceva un rumore buffo: le guardie lo rincorrevano da lontano, perché Maurizio era un falso finto tonto, dava spesso fastidio alle ragazzine che frequentavano il centro. La gente locale non era tanto felice della sua presenza. Il paese era un posto povero nonostante la presenza del sito archeologico, che richiamava turisti a getto continuo, a visite di un’ora, una dietro l’altra fino a quando c’era luce; poi, come calava la sera, tutto veniva sigillato ermeticamente e nessuno si avvicinava, anzi, viaggiavano tutti al largo e non si poteva parlare mai di quello che succedeva là sotto. Gli anziani raccontano che un giorno un giovanotto spavaldo si recò lì di notte e nessuno lo ha più rivisto, anche se chi si è trovato a passare nelle vicinanze racconta di urla terrificanti che provenivano dal muro. Domenico è la guardia più anziana del centro, è un uomo alto e grosso, molto forte, è lui che comanda al Distretto 3 e tutti lo temono, tutti tranne Maurizio che con la sua banda di imbecilli una sera aveva deciso di entrare al centro ipercommerciale per vedere cosa c’è all’ultimo piano, dove tutti i comuni mortali non hanno accesso: così, con la sua strana sedia, attorniato dai suoi amici, entrò dal retro dopo aver forzato una porta; a passo lento si avviarono agli ascensori ecoalimentati, mentre nel silenzio della notte si sentivano strani rumori in lontananza. Matteo chiese da dove provenissero, Maurizio gli disse di non chiedere cose alle quali non potevano rispondere, il gruppetto era diretto all’ultimo piano; ipotizzavano ci fosse un caveau con i soldi degli incassi del centro e già si pregustavano la fuga lontana da lì, in altri paesi, magari migliori. Tutto d’un tratto con un rumore fortissimo l’ascensore si bloccò, loro si guardarono senza parlare, aspettando che le porte si aprissero, pochi secondi dopo l’ascensore iniziò a precipitare nel vuoto più profondo con loro all’interno, e la paura si impadronì di loro. Erano come paralizzati, aspettando il momento in cui si sarebbero inevitabilmente schiantati a terra, momento che sembrava non arrivare mai però, finché all’improvviso le porte si aprirono e Matteo fu il primo a lanciarsi fuori, con Maurizio sempre dietro, quindi Erik e Jamal per ultimi, mentre le porte si richiudevano dietro di loro; ma dove si trovavano ora? Si inviarono nel corridoio, dove si intravedeva una luce intermittente…
“Ho la sensazione che qualcuno ci stia guardando” disse Matteo.
“Zitto e cammina” rispose Maurizio, mentre levava la sicura della sua pistola elettrostatica integrata nella sua sedia meccanica. Gli altri lo imitarono tirando fuori le rispettive ferraglie. Matteo ebbe un brivido lungo la schiena, sentiva il battito del suo cuore che batteva all’impazzata e il sudore freddo, si girò per chiedere ad Erik di allungare il passo ma non lo vide più, Jamal era di fianco a Maurizio e di Erik non c’era traccia. I tre lo chiamavano ma niente, forse era rimasto indietro e li avrebbe raggiunti di li a poco; proprio in quel momento però un urlo spaventoso ruppe il silenzio, un grido disumano, ma cosa stava accadendo? Allungarono il passo sempre più impauriti, la luce in lontananza si faceva sempre più lontana e i tre erano sempre più terrorizzati, sentirono un tonfo… davanti a loro il corpo mutilato di Erik li ghiacciò: Jamal cadde per terra svenuto, Matteo se lo issò in spalla e iniziò a correre con Maurizio che lo seguiva nella sedia, trovarono una porta aperta ed entrarono, la stanza era piena di strani oggetti e ampolle in cui galleggiavano pezzi di persone, piedi, braccia… erano entrati in un allucinante laboratorio dove le persone venivano smembrate e messe sotto vuoto, Matteo lasciò scivolare a terra Jamal ancora svenuto e si guardarono intorno, disorientati. Con gli occhi sull’amico privo di sensi Matteo chiese a Maurizio: “Ma dove cavolo siamo?” Intanto lo strano stridio di prima si avvicinava e i due si appiattirono al muro, nella stanza entrò Domenico trascinandosi alle spalle i resti di Erik: sembrava assorto nei suoi pensieri e pareva non accorgersi di non essere solo, scaraventò il povero corpo su un tavolo d’acciaio e indossò un grembiule sanguinolento da macellaio, iniziando a sezionare i poveri resti. Matteo si guardava freneticamente attorno alla ricerca di qualcosa con cui difendersi ma non vedeva niente, Maurizio era ammutolito e si era urinato addosso scivolando lungo la parete, poi era svenuto anche lui per la paura.
“Vi ho visti da subito, credevate che non ci fosse un controllo, siete entrati nella tana del lupo e ora non uscirete più… nessuno deve sapere di questo posto, i miei esperimenti… non sono finiti. Mi servivano giusto due corpi, ora ho tutto ciò che mi mancava. Siete pronti a morire?”
Mentre finiva la frase, i suoi due occhi si staccarono dal cranio, collegati a dei nervi allungabili si avvicinavano per scrutare le due vittime da vicino. Era un cyborg, a quanto pareva… Matteo era sempre più terrorizzato, ma la sua mente lavorava veloce per trovare una via di fuga. Domenico intanto affilava un grosso machete.
In superficie la vita proseguiva normalmente, Simona e Laura non avevano visto Domenico, dato che non si era presentato al lavoro; Simona era la coordinatrice dei turni delle guardie e Laura era la sua fidata segretaria, lei era una donna minuta, bionda gentile e sempre ben vestita anche lei però nascondeva un altro segreto che la stava consumando pian piano come un orribile cancro.
Nessuno aveva visto o sentito Domenico, non rispondeva neanche al telefonino. Mentre la guardia affettava come un esperto macellaio i resti del povero Erik, Jamal riprendeva i sensi e guardava Matteo con uno sguardo interrogativo, senza spiccicare una parola, poi iniziò a strisciare sul pavimento con l’intenzione di raggiungere un ceppo dove erano conficcate delle asce: voleva riuscire a prenderne una ma più strisciava e meno avanzava, qualcosa lo tratteneva per un piede; si girò e ciò che vide era così inumano che non riuscì nemmeno ad urlare; per poco non affogava nel suo stesso vomito, ciò che lo tratteneva non era una mano, non un animale ma una specie di incrocio tra i due. La bestia lo azzannò, e così Jamal morì soffocato. Domenico si girò a controllare e disse con tono gentile rivolto all’orribile cosa: “Su, fai il bravo e non rovinarmi questo corpo, poi ti darò qualcosa io per divertirti”. L’orribile cosa alla voce gentile di Domenico mollò la presa e si accucciò ai suoi piedi. Approfittando di questo momento di distrazione Matteo si infilò sotto la maglietta un grosso punteruolo ben appuntito, pensando che se la bestia si fosse avvicinata a lui avrebbe potuto difendersi. Domenico si accorse solo allora che era tardi e, con l’aiuto della cosa, rinchiuse il povero Matteo e l’ammutolito Maurizio in una stanzetta priva di finestre, con una sola porta, ma non diede le mandate, sicuro che la creatura facesse una buona guardia; così tornò in superficie.
Era il momento giusto per fuggire: i due amici avevano un piano. Con il massimo dell’attenzione aprirono la porta: dell’essere nessuna traccia. Matteo uscì per primo e l’amico seguì dietro ma la sua sedia cigolava, così la bestia all’improvviso lo assalì. Allo stesso tempo Matteo gli conficcava il punteruolo in quella che un tempo doveva essere stata la testa di una donna: la Bestia si accasciò con un mugolio che sembrò un grazie soffocato. Poi si precipitarono fuori: Maurizio correva barcollando sulle sue gambe, avendo lasciato la sua sedia fra le fauci della bestia che esalava l’ultimo respiro; correvano così veloci che in un nulla erano agli ascensori, ma non lo presero, salirono su per le scale, dopo una decina di rampe finalmente erano al centro ipercommerciale. I due si guardarono attorno e videro Domenico, così lentamente gli si avvicinarono e lo accoltellarono con due coltelli presi ai piani di sotto. Gli occhi della guardia schizzarono fuori dal cranio: Domenico afferrò Maurizio per la gola cercando di strangolarlo, ma Matteo continuava a colpirlo; nel frattempo arrivarono altre guardie, mentre la gente fuggiva urlando. Non capivano cosa stesse succedendo. Con un rantolo Domenico si accasciò su se stesso, morto.
Matteo e Maurizio uscirono dal distretto di polizia dopo tante ore di interrogatorio, respiravano a pieni polmoni l’aria, ormai arrivati alla fine di quell’incubo, mentre la polizia smantellava il laboratorio di Domenico e gli ecoinumatori davano sepoltura a quei poveri resti. Tra questi c’era anche l’assassino: anche lui fu sepolto, ma in tanti posti diversi, secondo l’ordine del magistrato: “Sepolto a pezzi perché non potesse mai più ricomporsi, visto che fu appurato che anche lui era stato assemblato da una cyberchirurgo”. Ma non si trovò mai traccia di un altro macellaio pazzo…
Nel frattempo si era fatto tardi, Laura scendeva tranquilla nella scantinato della sua villetta: “Su, fate i bravi” sussurrò alle creature chiuse nelle gabbie.

Riccardo Statzu – Classe 3D
Scuola Secondaria di primo grado “Puccini”