Un… alieno a scuola! – Racconto

Per raccontare questa storia è necessario che parta dal principio, era il 15 marzo, un giorno come un altro, nella scuola Pelnerini arrivò un nuovo studente proprio nella mia classe: girava voce che fosse il nipote della preside, per questo era entrato a metà dell’anno, aveva cappelli ricci e rossi e i suoi occhi erano così staccati fra loro che sembravano quasi alle estremità della testa.
La professoressa lo mise nel banco accanto al mio, lo osservai per tutta l’ora di matematica, faceva le equazioni a una velocità incredibile, doveva essere sicuramente un genio e mi chiesi che scuola avesse frequentato.
Decisi allora di rompere il ghiaccio chiedendogli come si chiamava, da dove veniva e cosa ne pensava di questa nuova scuola, ma non ricevetti alcuna risposta, anche se si girò, sbatté i suoi occhietti stretti e allungati, per poi tornare a concentrarsi sulla lezione.
A mensa lo osservai per tutto il tempo: era seduto a un tavolo da solo ed era forse l’unico che si era portato il pranzo da casa; era assai strano, si voltava di qua e di là. Forse nascondeva qualcosa e, qualunque cosa fosse, io l’avrei scoperta: in fondo eravamo compagni di banco, non poteva essere così complicato… Passarono un po’ di giorni, volevo aspettare il momento giusto per indagare e quando finalmente un martedì la professoressa ci assegnò una ricerca da consegnare insieme al compagno di banco, io mi feci avanti.
All’ uscita lo raggiunsi e gli dissi:
– Aspetta!fermo! Dove stai andando? Dobbiamo fare quella ricerca! Ricordi? –
– Possiamo benissimo farla ciascuno per conto proprio! Non ho bisogno di aiuto! –
– Ascolta: ormai è andata così! Facciamo un patto: dopo la ricerca ti lascio in pace! Va bene? –
– Ok, ma solo per questa volta! Ora devo andare! –
– Aspetta!Vengo con te! –
– Nooo! –

Il giorno dopo non sapevo se parlargli o meno: l’avevo visto parecchio innervosito il giorno prima, però questa volta venne lui da me e mi chiese:
– Allora quando cominciamo la ricerca? –
– Giovedì a casa tua? –
– Preferirei di no! –
– Perché? Guarda che se è per la tua casa… –
– No, non è per quello… –
– Per che cosa è, allora? –
– Niente, lascia stare! Facciamo giovedì a casa tua, basta che dopo la ricerca ti togli dai piedi! –
Detto questo se ne andò, pensai che non sarebbe venuto, d’altronde non sapeva neanche dove abitassi; ma quel giovedì dopo la scuola suonò il campanello all’ora convenuta, come sempre andai ad aprire. Mia madre era andata ad un convegno e mio padre era fuori città per lavoro, quindi toccava a me. Prima di aprire però guardai dallo spioncino, anche non si vedeva niente, allora chiesi chi fosse ma non ricevetti risposta, quindi, pensando che fosse uno scherzo, non aprii. Poco dopo qualcuno bussò, allora decisi di vedere chi era, e lo trovai lì sulla soglia ad aspettare con la sua solita aria strana.
Entrò e si sedette su una sedia del salotto; passammo tutta la sera a studiare e lo stesso successe per altri dodici giorni. Grazie alla ricerca ci conoscemmo meglio e diventammo amici, veniva sempre da me ma io non andavo mai a casa sua, gli dava noia qualcosa (ma non sapevo cosa). Così un giorno glielo chiesi, lo vidi un po’ preoccupato e bisbigliando mi disse:
– Se te lo dico mi giuri che non lo dirai a nessuno? –
– Si, certo, lo giuro. –
– No,no, non posso farlo! Non puoi capire, non posso proprio. –
– Certo che posso, dai dimmelo… –
Lui tirò un sospiro profondo e mi tirò per una manica del giubbotto e uscendo mi fece salire su un camion, tutto questo mi sembrava assurdo così gli chiesi:
– Ma lo fai tutti i giorni? –
– Per favore, vuoi stare zitto! –
– Dimmi almeno dove stiamo andando… –
– Zittoooo! –

Dopo poco il camion si fermò. Scendemmo, davanti a noi c’era una fattoria, lui allora batté le mani e una grande luce apparve dal nulla: all’interno si intravedeva dell’acciaio che emanava delle piccole scariche elettriche, a un certo punto la luce accecante svanì e accanto a me lui non c’era più. Vedendo tutto questo, me li diedi a gambe all’istante. Il giorno dopo a scuola era acanto a me come se nulla fosse successo, non parlammo per tutto il giorno finché all’uscita mi fermò e mi disse:
– Domani parto… ce ne torniamo a casa. Mi chiedevo se volevi venire a salutarmi… Mi farebbe piacere. –
Non risposi e lo guardai andarsene. Non volevo credere che fosse un alieno ma decisi di andare comunque, la mattina mi feci trovare lì accanto all’astronave. Lui, vedendomi, sorrise e mi disse:
– È stato bello conoscerti. –
Detto questo, si diresse verso l’astronave, la vidi alzarsi in cielo e sparire. Non dimenticherò mai quello strano incontro.

 

Sofia Nesti – Classe 1B
Scuola Secondaria di primo grado “Puccini”