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Intervista a Mirella Bolondi, autrice del libro “Nel paese Chenonsai”

-Ci puoi raccontare chi sei?

Mi chiamo Mirella Bolondi, abito a Milano nel quartiere di Bruzzano. Nella vita faccio l’Educatrice Professionale in un Centro di Aggregazione Giovanile, con i preadolescenti. Ho pubblicato un romanzo, Terra di Silenzi con la casa editrice Zephyro. La scrittura è una mia passione, mi appartiene da sempre; da qualche anno conduco anche un programma radiofonico in cui presentiamo libri e intervistiamo i loro autori. Mi sto lanciando nel mondo dei cartoni animati e mi sto appunto dilettando nel disegnarne uno. Queste mie passioni sono tali perché mi permettono di raccontare delle storie ed esprimere qualcosa che ho dentro; lo strumento in fondo è relativo!

-Qual è stato il tuo primo approccio con la disabilità?

Il mio non è stato un vero e proprio approccio. Infatti, sono figlia di genitori sordi, e in qualche modo la disabilità mi ha accompagnato per tutta la vita. La consapevolezza di dire ‘’i miei genitori sono disabili’’ però è arrivata con l’età adulta. Per i miei occhi di bambina i miei genitori erano semplicemente sordi. Certamente crescere in un contesto simile significa imparare da sempre a comunicare in un modo diverso, ad ascoltare il mondo in una maniera differente e a riconoscere quelle barriere che magari non si vedono: le barriere del suono. Tutto ciò credo mi abbia dato una sensibilità particolare che ha in qualche modo influenzato la mia vita e le mie scelte anche lavorative.

In gioventù ho fatto esperienze di volontariato nell’ambito della disabilità, che ho continuato successivamente a vivere anche se in modo meno strutturato. L’anno scorso, dopo alcune vicissitudini personali, ho capito che era il momento giusto per ritornare a fare un’esperienza di vacanza di questo genere.

-Come è nata l’idea del libro? E il titolo?

L’idea di scrivere il libro è nata un anno fa, dopo una vacanza estiva a Fiumetto, in Toscana, con un gruppo di persone con disabilità, operatori e volontari. Il titolo “Il paese Chenonsai” nasce dall’idea di raccontare quel pezzo di mondo di cui si sa poco o niente. Il “paese che sai” è appunto la vita quotidiana, quello che facciamo, quello che ci viene raccontato, che leggiamo sui giornali o che guardiamo in televisione; tutto quello che condividiamo nel bene o nel male e consideriamo oggettivo. Il paese “che non sai” invece è più difficile da raccontare, perché ha a che fare con il cuore più che con la ragione. Però esiste!  Il paese “che non sai” non è solo il mondo della disabilità, che non tutti conoscono, ma anche quel mondo di solidarietà, vicinanza, affetti ed emozioni di cui tutti sentiamo il bisogno. In quel modo particolare di guardare il mondo di chi è considerato diverso come i miei genitori sordi, o come un ragazzino autistico, si può imparare tanto anche di noi stessi. C’è infatti una grande bellezza nel loro modo diverso di guardare le cose. L’idea di scrivere il libro è nata grazie a questo, infatti in un periodo della mia vita dove c’era tanto dolore sono riuscita a scovare il bene e mi è venuta una grande voglia di raccontarlo.

– Serafina è in qualche modo la protagonista del libro ed è molto amata dai lettori? Perché hai scelto lei? È un personaggio in parte autobiografico?

In realtà, la scelta dei personaggi è stata anche un po’ casuale, quelli descritti sono le persone che ho conosciuto più da vicino in quella vacanza. Ad esempio, alcune persone che ho raccontato nel mio libro mi hanno colpito per il loro modo eccentrico di guardare il mondo, mentre Serafina al contrario mi ha colpito per il suo silenzio e la sua delicatezza. Ho sentito un’empatia molto forte e riconoscevo in lei cose che mi appartengono, come la sua semplicità e il suo sentirsi a volte inadeguata. Con Serafina è stato un po’ come guardarsi in uno specchio che ti restituisce bellezza. E mi è venuto naturale scegliere lei come protagonista. In fondo, lo sguardo di Serafina è il mio sguardo nel Paese Chenonsai!.

-Qual è il messaggio di fondo del libro?

Il messaggio del libro parte dal discorso fatto in precedenza, su come ho scelto il titolo del libro “Nel paese Chenonsai”, ma va oltre e ci porta a un concetto chiave: il cuore incerottato. Infatti, il paese che sai è un mondo che ci vuole competenti, forti, competitivi, sempre sul pezzo. Ma in realtà questo non ci rende felici! Ognuno di noi ha dentro di sé tante ferite, perché la vita è così, ci regala cose belle ma anche dolore. Nel “paese che sai” ci viene chiesto di portare delle maschere, che permettono di nascondere il dolore e le debolezze, che però continuano a farci soffrire e in un certo senso più le nascondiamo a noi stessi e agli altri più ci fanno soffrire.  Il cuore incerottato è il simbolo di un dolore che esiste, ma che viene guarito in qualche modo, attraverso la consapevolezza delle proprie fragilità, che è proprio ciò che ci rende forti… dei veri “supereroi col potere del sorriso”, come si dice nel libro. Esternando il proprio dolore e condividendolo, lasciandosi aiutare dagli altri, si possono superare le proprie difficoltà e le proprie paure e imparare a essere felici… così come siamo!

– Cos’hai provato nel vedere che il libro è stato così apprezzato?

È stata una sensazione strana e bellissima, perché alla fine questo libro è diventato un progetto di tanti. Capisci di aver creato qualcosa di più grande di te, di aver creato una cosa in cui molti si riconoscono, che non è più solo tua e di cui mi sento in qualche modo spettatrice. Soprattutto in questi giorni trovo che il libro mi stia rimandando la bellezza che avevo cercato di raccontare. Inoltre, è molto gratificante come il cuore incerottato viene usato come una sorta di metafora per alleviare il dolore.

– E nel vedere il tuo racconto rappresentato e vissuto dai veri protagonisti?

Anche questa è una sensazione bellissima. È bellissimo vedere Serafina che dice di essere famosa. È bellissimo vedere il Viaggiatore Comodo che si riconosce nel personaggio, nonostante sia un ragazzo autistico. Bello credo sia la parola giusta. Il libro ha anche cambiato il rapporto che avevo con loro e forse ha cambiato il modo di vedere i ragazzi anche degli altri volontari.

-Hai altri progetti per il futuro?

Sì. Sto finendo di scrivere un altro romanzo, fermo quasi da un anno e mezzo. Spero di portare avanti il progetto de ‘’Nel paese Chenonsai’’ e magari raccontare quest’esperienza in un modo diverso. Sto finendo di disegnare alcuni cartoni animati. Un mio grande progetto è anche quello di vedere realizzato un film tratto dal mio romanzo ‘’Terra di Silenzi’’, di cui ho scritto la sceneggiatura cinematografica. Sono comunque piccoli e grandi sogni che spero un giorno di poter realizzare.

 

Bezzi Stefano