Gandhi e la non-violenza, un monito per il mondo

di Davide Doneda, I L

Precisamente cinquant’anni fa, il 30 gennaio 1948 il Mahatma Gandhi fu assassinato a colpi di pistola da un fanatico indù che era contro le sue idee politiche. Gandhi nacque il 2 ottobre 1869 in India e da appena laureato inizio la sua travagliata lotta per l’indipendenza dell’India dalla Gran Bretagna. Infatti appena si laureò si recò in Sud Africa dove combatté per l’ottenimento dei diritti umani da parte dei suoi connazionali che vivevano in quel Paese. Qui teorizzò subito un metodo di lotta non violenta che poi fece ottenere agli indiani l’indipendenza della loro madrepatria. Gandhi denomina questo metodo di lotta Satyagraha e consiste in una forma di non collaborazione radicale con il governo britannico oltre che nel subire tutte le punizioni previste, senza ribellarsi e soprattutto senza ricorrere alla violenza. Infatti lui fu imprigionato diverse volte a causa delle sue azioni di protesta che coinvolsero l’intero Stato indiano, però lui e i suoi seguaci agirono sempre secondo la Satyaraha: come disse Gandhi:”Il genere umano può liberarsi della violenza soltanto ricorrendo alla non violenza. L’odio può essere sconfitto soltanto con l’amore. Rispondendo all’odio con l’odio non si fa altro che accrescere la grandezza e la profondità dell’odio stesso”. Nel tempo la non violenza ha assunto diverse definizioni rimanendo però sempre legata all’ideologia primaria di essere un metodo di lotta politica che consiste nel combattere nel totale rifiuto di ferire o uccidere gli oppositori.