QUANTI ANCORA? LO SFRUTTAMENTO MINORILE NEL MONDO

Ancora oggi, in molte aree del pianeta afflitte da gravi problemi di povertà e sottosviluppo, a tantissimi minori viene negato il diritto all’infanzia. Spesso sono i genitori a vendere i propri figli, barattando il bene più prezioso in loro possesso per procacciarsi qualche mezzo di sussistenza. Tantissimi bambini lavorano nelle fabbriche, per un numero spropositato di ore giornaliere, in condizioni disumane, pagati pochissimo e senza nessuno che si preoccupi delle loro condizioni di salute. Altri sono vittime dello sfruttamento minorile: è il caso dei bambini-soldato, costretti a fare la guerra e a subire, oltre a menomazioni fisiche, anche danni psicologici irreparabili.

Una storia che ci ha colpito è quella di Mukesh Somaji Damore, un ragazzino della nostra età che ha lasciato il suo villaggio natio per lavorare nei campi di cotone. È una storia che fa riflettere e vogliamo condividerla con voi.

Mukesh giunse alla piantagione senza avere idea di quanto sarebbe stato pagato, ma aveva disperato bisogno di denaro per sfamarsi e mettersi in forze. Il suo datore di lavoro, che sarebbe più corretto definire il suo padrone, gli aprì una “linea di credito”. Tre mesi dopo consegnò a Mukesh la paga, decurtata però del prestito iniziale: mille rupie, pari a poco più di 15 euro, per il lavoro di 90 giorni.

Le condizioni di lavoro nella piantagione erano disumane: ogni giorno, a stomaco vuoto, Mukesh si metteva all’opera per 14 interminabili ore. Dalle quattro di notte fino a sera inoltrata spuntava le piante di cotone senza lamentarsi, ma soffrendo le pene dell’inferno. La sera, stremato, aveva finalmente la possibilità di alimentarsi. Gli spettava soltanto un sacchetto di farina, e con quello doveva arrangiarsi: se desiderava arricchire il pasto con ortaggi o verdure, doveva procurarseli con i pochi risparmi in suo possesso. Dopo cena, poteva intrattenersi un po’ alla tv, prima di andare a dormire fianco a fianco con una dozzina di altri ragazzini, con i quali condivideva il triste destino di un’infanzia negata, oltre a quello di trascorrere la notte disteso per terra sul pavimento di una baracca fatiscente.

Così scorreva per Mukesh quella stagione della vita che merita di essere ricordata come la più bella e spensierata e che coincide, non secondariamente, con gli anni della prima formazione: nessun gioco invece, nessun maestro da cui apprendere il sapere e neppure una mascherina per proteggersi dai pesticidi, che venivano spruzzati ogni giorno sulle piante. Mukesh stava sempre male e così, terminata la stagione del raccolto, fu riportato nel villaggio di provenienza. Tornato a casa, giurò a se stesso che mai e poi mai avrebbe accettato di rivivere una simile esperienza.

La storia di Mukesh è solo una delle tante, delle troppe che vedono bambini e ragazzini di tutte le età privati dei diritti più elementari. I paesi interessati dal lavoro minorile sono soprattutto quelli in via di sviluppo, con punte allarmanti in Colombia, Pakistan e Brasile, ma purtroppo questa piaga è diffusa anche in paesi che, pur avendo un’economia florida, presentano situazioni allarmanti di diseguaglianza sociale. Non ne sono esclusi, tra gli altri, gli Stati Uniti d’America né diverse nazioni europee. Il comune denominatore, come vedete, è la povertà. Lo sfruttamento dei minori, tra l’altro, è allo stesso tempo conseguenza e causa di povertà sociale e individuale; infatti, i minori costretti a lavorare non hanno la possibilità di accedere all’istruzione di base, rimanendo in una condizione di analfabetismo destinata a generare nuova povertà e ulteriori diseguaglianze.

Per arginare lo sfruttamento minorile sono state promosse diverse iniziative sotto l’egida dell’ONU, dell’UNICEF e di altre organizzazioni o associazioni a sostegno e tutela dell’infanzia: da segnalare, in particolare, la creazione di marchi commerciali che garantiscono che un determinato prodotto non è stato fabbricato utilizzando manodopera infantile. Iniziative come questa servono anche a sensibilizzare la collettività rispetto alla piaga dello sfruttamento minorile, ma da sole non sono sufficienti per permettere un futuro diverso ai bambini attualmente occupati, i quali si ritrovano anzi costretti a spostarsi verso altre attività produttive, spesso anche più pericolose.

Dalla redazione dell’ I.C. “G. Garibaldi – Giovanni Paolo II” di Salemi

Simona Caradonna – Classe 1a D

Vittoria Maria Castelli – Classe 1a B