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Shoah e foibe: l’inerzia dei giusti e l’importanza della memoria

Nelle scorse settimane, in concomitanza con le annuali ricorrenze della “Giornata della Memoria” e della “Giornata del Ricordo”, all’I.C. “G. Garibaldi – Giovanni Paolo II” di Salemi e Gibellina abbiamo dedicato particolare attenzione a questioni di cittadinanza estremamente importanti, su tutte i diritti inalienabili dell’uomo e il rispetto delle minoranze.

I docenti responsabili delle diverse discipline ci hanno accompagnato in percorsi di ricerca e di approfondimento, invitandoci a riflettere sul valore della memoria. Abbiamo analizzato alcune tra le pagine più buie della storia del Novecento da differenti prospettive, abbiamo ascoltato le testimonianze dei sopravvissuti e dei loro congiunti, abbiamo letto le illuminanti pagine dei tanti scrittori che hanno raccontato l’orrore delle deportazioni, le inaccettabili condizioni di vita nei lager, gli eccidi delle foibe, eppure non siamo riusciti a trovare una risposta convincente alla domanda di fondo: da dove ha avuto origine tutto quel male?

Continuiamo a chiedercelo, a cercare di comprendere: anche adesso, mentre scriviamo quest’articolo.

Il 26 gennaio, giorno che precede la commemorazione delle vittime della Shoah e di tutti gli Olocausti, al Centro KIM di Salemi ha avuto luogo la manifestazione “Auschwitz e Birkenau: viaggio nella memoria per dare un volto alla Shoah”; il 10 febbraio, nella stessa sede, la manifestazione “Il valore della dignità umana tra Shoah e foibe”. Noi ragazzi vi abbiamo preso parte realizzando cartelloni, lavori multimediali, scenette teatrali, ascoltando. Un momento particolarmente intenso è stato sicuramente rappresentato dal resoconto di una giornalista polacca invitata dall’I.S.S. D’Aguirre di Salemi. “ La sua ricostruzione della realtà concentrazionaria, accompagnata da immagini forti, ci ha lasciato senza parole. Alcune più di altre sono rimaste impresse nella nostra mente: l’immagine della grande torretta sotto cui passavano i treni piombati in arrivo da tutta Europa, quella che riprende l’ingresso di Auschwitz, con il monito per i deportati (Arbeitmachtfrei), le fotografie che ritraggono i volti dei bambini dietro le barriere di filo spinato. Albert Einstein, che è stato uno dei più grandi scienziati e pensatori del Novecento, ha detto:

 

Il mondo è quel disastro che vedete non tanto per i guai combinati dai malfattori, ma per l’inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno lì a guardare”.

In quei tragici anni, molti sono rimasti a guardare, perché erano complici o perché avevano paura di denunciare, mettendo a rischio la loro stessa vita. Anche lo scrittore Primo Levi, sopravvissuto al campo di sterminio nazista di Auschwitz, ha insistito su questo aspetto. Nella prefazione a “I sommersi e i salvati”, opera del 1986 che costituisce in un certo senso il suo testamento, analizza alcune dinamiche particolari che interessarono i lager: la tendenza diffusa da parte di chi non fu sfiorato da quella follia a sminuire gli orrori che in essi avvenivano, proprio in ragione della loro stessa enormità. Tale rifiuto era stato addirittura previsto dagli aguzzini, che infatti avvertivano i prigionieri dicendo loro che, se anche fossero sopravvissuti e avessero provato a raccontare, non sarebbero mai stati creduti. L’autore pone l’accento anche sulle crepe che ogni sistema presenta, e il progetto di eugenetica nazista, per quanto architettato meticolosamente, era tutt’altro che perfetto: i militi delle SS cercarono invano fino all’ultimo di distruggere documenti e interi campi di sterminio, ma ovviamente fu impossibile eliminare tutte le prove.

Inoltre, è difficile credere che nessuno al di fuori fosse a conoscenza di quanto accadeva nei lager: tanti erano gli indizi che avrebbero dovuto quanto meno sollevare dei dubbi (si pensi alle forniture di veleno e di materiali necessari per la realizzazione dei forni crematori). Tuttavia, chi avrebbe dovuto denunciare preferì rimanere in silenzio. Ecco, forse una risposta parziale alla domanda più angosciante risiede qui, nella colpa di chi non ha parlato. Per questo, in chiusura di questa nostra breve riflessione, vogliamo riproporvi i versi di Martin Niemöller, pastore protestante tedesco e oppositore del nazismo: “Prima vennero per gli ebrei / e io non dissi nulla perché / non ero ebreo. / Poi vennero per i comunisti / e io non dissi nulla perché / non ero comunista. / Poi vennero per i sindacalisti / e io non dissi nulla perché / non ero sindacalista. / Poi vennero a prendere me. / E non era rimasto più nessuno / che potesse dire qualcosa”.

Dalla redazione dell’I.C. “G. Garibaldi – Giovanni Paolo II” Salemi-Gibellina

 Gli studenti della classe 3a B Scuola Secondaria I Grado

del Plesso San Leonardo di Salemi