Giufà (Articolo Racconto)

Nella tradizione popolare narrativa Giufà è lo sciocco a cui tutte finiscono per andar bene. Il personaggio viene dal mondo arabo e si ritrova con buona frequenza nella tradizione di Sicilia, ma non solo. Oltre all’etno-antropologo Giuseppe Pitrè, il più importante raccoglitore e studioso di tradizioni popolari siciliane, anche Italo Calvino si interessò al ciclo di Giufà, tanto da ricomprenderne alcuni episodi, ripresi in diverse parti dell’Isola,nel terzo volume delle Fiabe italiane. Si tratta di storielle assai divertenti: ve ne segnaliamo alcune, come Giufà e la statua di gesso, Giufà e la berretta rossa e Giufà, tirati la porta!

 

All’interno del corso di potenziamento delle abilità e competenze di Italiano, organizzato dal nostro Istituto, non ci siamo tuttavia limitati a leggerle e commentarle, ma abbiamo provato ad inventare anche noi delle storielle con protagonista Giufà. Abbiamo il piacere di proporvene alcune, sperando che siano di vostro gradimento. Buona lettura, ragazzi!

Giufà e le tre fave

La madre di Giufà, un giorno, mandò il figlio a comprare 3 kg di fave.Giufà comprò le fave, ma tornando a casa le perse,perché si soffermò in una locanda, attirato lì dall’amico Berto. Questi gli aveva raccontato cosa i grandi facevano in quel posto, destando in lui grande curiosità. Da bere l’oste gli aveva dato solo acqua,ma Giufà aveva preso a comportarsi come fosse ubriaco,finché il brav’uomo lo aveva gentilmente messo alla porta. Le fave invece erano rimaste dentro la locanda. Giufà s’era completamente scordato della ragione per cui la mamma lo aveva mandato al mercato. Quando l’oste s’avvide delle fave, corse fuori per darle al ragazzo,che però era già sparito. Passava intanto una banda di monelli; il più grande disse che conoscevano Giufà e avrebbero pensato loro a restituirgli le fave. Giufà, disperato, non sapeva come fare, ma doveva pur trovare una scusa convincente per evitare i rimproveri della madre. Mentre era intento a ragionare sul da farsi, sentì dei colpi sulla schiena: erano quei figliuoliche gli tiravano addosso le faveche aveva comperato e poi smarrito. Giufà, spaventato,iniziò a correre verso casa, cercando riparo.Quando si tolse il cappotto, vide cadere tre fave: prontamente le porse alla madre, che loconsiderava uno sciocco e non mancava mai di ricordarglielo. Seccata per l’ennesima bravata del figlio, la donna lo rimproverò aspramente, ma ormai era troppo tardi per rimediare. La sera il padre di Giufà, rientrato dal lavoro, sperava in un gran banchetto: nel piatto, invece,trovò solo una fava. Ma fu contento:sua moglie gli preparava sempre tantepietanzesquisite e lui non poteva mai far dieta. Così, quando la moglie gli raccontò dell’accaduto, disse che da quel momento in avantia far la spesa sarebbe andato sempre Giufà.

 

Giufà e la ricca ricompensa

Una volta Giufà, passeggiando, trovò un volantino con su scritto: “Portate al re un oggetto prezioso e riceverete una ricca ricompensa”.Svelto come non mai, corse verso casa, prese una matita e un fogliettino, e vi scrisse sopra: “Prezioso”. Ancor più veloce di prima, corse verso il Palazzo e chiese di conferire col Re.Gli mostrò il bigliettino. Il re lo lesse e, stando al gioco, esclamò: “No, fanciullo! Voglio qualcosa di preziosissimo! Portamelo e avrai la ricompensa”.

Giufà, per nulla sconfortato, tornò a casa, prese uno dei piatti del servizio buono della mamma e con uno scalpello vi incise sopra: “Preziosissimo”.Tutto contento, tornòdal Re che esaminò l’oggetto e gli disse: “No, mio caro! Desidero qualcosa che abbia valore inestimabile! Se riuscirai a farmene dono, la ricompensa sarà tua!”.

Un po’ seccato, ma deciso a spuntarla, Giufà tornò ancora una volta a casa, prese l’orologio da taschino del padre e, tutt’intorno al quadrante, scrisse una lettera per ogni ora, componendo la parola “Inestimabile”. Certo di aver fatto la pensata giusta, lo mostrò orgoglioso al Re, che lo elogiò : “Molto bene, figliolo! Stavolta avrai quanto ti ho promesso!”.Poi, rivolgendosi alle guardie, ordinò: “Guardie, accompagnatelo alla porta, e mostrategli la ricompensa”. E così iniziarono a prenderlo a calci, tra le risa del sovrano.

Giufà si avviò verso casa deluso e a mani vuote, ma lungo il tragitto, che stavolta non fece di corsa ma piano piano per i dolori, vide qualcosa luccicare tra i cespugli. Senza pensarci due volte afferrò quell’ oggetto, un diamante grosso come un pomodoro, e lo nascose nella tasca destra dei calzoni. La madre gli chiese dove lo avesse preso e lui, serafico, rispose che era la ricompensa avuta dal re per i doni di gran valore che lui, Giufà, aveva portato al Palazzo reale. E con quel diamante, di notevole valore, vissero felici e contenti.

Giufà e il regalo della Principessa

La Principessa Aurora organizzò una festa per il suo compleanno e invitò tutti i ragazzi della sua età, tranne i più poveri, secondo il protocollo. Giufà, la cui famiglia non se la passava certo bene, era tra gli esclusi, ma quando venne a sapere della festa, decise che in un modo o in un altro lui vi avrebbe preso parte. Inventò così una bugia da raccontare alla madre: costrinse Fiammetta, la figlia della vicina, a scrivere l’invito e poi lo mostrò alla madre, sostenendo di averlo ricevuto dalla Principessa in persona. La madre, sorpresa ma allo stesso tempo lusingata che suo figlio fosse stato ammesso a Palazzo, gli intimò di far presto e correre dai mercanti a comprare un bracciale per la Principessa. Giufà non se lo fece dire due volte, ma durante il tragitto gli venne la brillante idea di comprare della stoffa in luogo del bracciale,contravvenendo alle disposizioni della madre. Dopo aver acquistato la stoffa, naturalmente tenendo per sé la differenza, si recò dalla nonna, che era un’abile sarta,per chiederle di cucire un grembiule per la Principessa.

Il giorno dopo andò alla festa, ma per entrare ci voleva l’invito. All’ ingresso principale del Palazzo c’erano due guardie grandi e grosse: Giufà provò allora ad intrufolarsi da un ingresso secondario. C’era un balcone che gli sembrò raggiungibile. La prima volta cadde e si fece un gran male. Ma non si diede per vinto e ritentò.Riuscì ad arrampicarsi al primo piano, ma altre guardie lo individuarono e lo misero alla porta, sferrandogli un gran calcio.Per quanto dolorante e mal ridotto, Giufà non aveva alcuna intenzione di demordere: “Ecco” – pensò – “entrerò dal camino e sarò già nel bel mezzo della festa”. Il piano questa volta riuscì: il prezzo da pagare fu un po’ di fuliggine.

Quando giunse il momento di scartare i regali, la Principessa convocò tutti i presenti. Ricevette collane, bracciali, anelli e altri oggetti preziosi in gran quantità, fingendo meraviglia e gratitudine. Quando comparve il grembiule che le aveva portato Giufà, la meraviglia fu vera.Giufà, tutto contento, fece un passo avanti e, manieroso come non mai, esclamò: “Con i più cari auguri di buon compleanno, vostra Altezza, da parte di un umile servitore”.

Ma il sorriso svanì presto: la Principessa mostrò tutto il suo disappunto e lo prese in giro davanti a tutti. Volle lei stessa accompagnarlo alla porta, tirandolo per un orecchio, tra le risa degli astanti. Ma qui, proprio mentre Giufà stava per prorompere in pianto, accertandosi di non esser vista, la Principessa diede un bacio a Giufà sulla guancia. E lo ringraziò dicendo: “È il regalo più modesto che abbia mai ricevuto e ho dovuto recitare la mia parte davanti agli altri. Ma quando l’ho visto, mi sono commossa: mi ha ricordato la mia povera balia, venuta a mancare appena qualche mese addietro. Le ero tanto legata e mi manca moltissimo. Mi voleva un gran bene e non mancava mai di raccomandarmi di non giudicare le cose dal loro valore materiale. Nel giardino del Palazzo, in corrispondenza dell’unico salice piangente, c’è un varco. Nessuno lo conosce: passa di lì e giocheremo insieme ogni pomeriggio. Io indosserò il grembiule che hai voluto regalarmi”. Allontanandosi Giufà sentiva battere il cuore all’impazzata: non perché qualcuno lo rincorresse, ma perché per la prima volta nella sua vita si era innamorato.

 

 Dalla redazione dell’I.C. “G. Garibaldi – Giovanni Paolo II” di Salemi-Gibellina

Emanuela Fierotti, Ignazio Marchi, Emily Tilotta, Giuliana Tricomi – Classe 1a A

Vittoria M. Castelli, Elena Ferranti, Martina Grillo, Emanuela M. Rubino – Classe 1a B

Martina Agueci, Maria Pia Armata, Elena Catania, Daiana Palmeri – Classe 1a C

Simona Caradonna, Adele Cucchiara, Matilde Drago, Caterina Presti, Agnese Rizzo  – Classe 1a D