“La memoria è come un filo che lega il passato al presente e si proietta nel futuro, condizionandolo”. Parola dei due sopravvissuti ad Auschwitz, che hanno incontrato gli studenti delle scuole del Lazio, lasciando loro un’importante eredità…

di Matteo Tarantino e Jacopo Benedetti

Come ogni anno bisogna soffermarsi a riflettere sul tema della memoria e su tutto ciò comporta. Bisogna sempre dargli l’importanza che merita poiché “non è assolutamente un problema di pochi o banale”

Il 26 gennaio molti studenti delle scuole laziali, partecipando al progetto sulla Memoria della Regione Lazio, si sono riuniti al teatro Olimpico di Roma per assistere alle testimonianze di due reduci di Auschwitz, Piero Terracina e Sami Modiano, nati rispettivamente nel 1928 e 1930, i quali hanno visto la propria infanzia distruggersi tra gli orrori del campo. Incontratisi per la prima volta ad Auschwitz sono ormai amici da ottant’anni: “eravamo due ragazzi con la stessa storia, lui aveva perso tutti, io avevo perso tutti”

La conferenza è stata introdotta da due filmati: il primo riguardante uno dei viaggi ad Auschwitz, dove i due reduci hanno raccontato la propria storia direttamente nei posti interessati, e il secondo con le interviste a uomini e donne che hanno vissuto personalmente il rastrellamento del ghetto di Roma del 16 ottobre 1943. Quel fatidico giorno partirono dalla stazione Tiburtina 1023 uomini. Alla fine della guerra tornarono solo 15 uomini ed una sola donna

Piero Terracina ha preso la parola dopo i filmati. “Oggi non ricordiamo solo il giorno della memoria, ma anche gli ottant’anni dall’emanazione delle leggi razziali” (1938-2018). In quel periodo frequentava la quarta elementare, ma da un giorno all’altro la vita della sua famiglia fu sconvolta. Fu cacciato dalla scuola, il padre perse il lavoro ed i fratelli maggiori interruppero gli studi per cercare un lavoro per mantenere la famiglia. Iniziò allora a frequentare una scuola per ebrei e furono proprio i suoi nuovi compagni a salvarlo una volta tornato da Auschwitz

Sami Modiano ha raccontato invece il suo ritorno a casa, tutt’altro che una liberazione dagli strazi, senza più una famiglia senza più un punto di riferimento: “non si può dimenticare, te lo porti con te tutta la vita”, ha detto

E allora cosa fare? Dedicare tutto se stesso al lavoro con l’intenzione di dimenticare… “ma non si può, non si può”. La sua più grande salvezza fu conoscere una donna, sua moglie, che lo ha accompagnato per sessant’anni e continua a farlo tutt’oggi

Tra i vari sopravvissuti Sami Modiano ha iniziato a testimoniare solo recentemente. perché riaprire certe ferite provoca sempre un dolore immenso: “vivo con una piaga che non si richiuderà mai, ho ancora i miei incubi ed i miei silenzi”

Qual è lo scopo ultimo di tutti questi progetti? Perché due persone ormai anziane come Sami e Piero girano l’Italia a raccontare la loro esperienza? Semplicemente al fine di non dimenticare mai ciò che è stato e tramandarlo alle nuove generazioni, perché “quando noi non ci saremo più, sarete voi i testimoni”

Il riferimento è proprio a tutti i ragazzi presenti in quel teatro e in tanti altri posti dove i testimoni hanno parlato. Tutti hanno ascoltato con grande responsabilità questo ammonimento, vista l’età di questi testimoni. Potranno raccontare ai loro amici, ai loro figli e nipoti, che hanno conosciuto dei sopravvissuti e hanno ascoltato dalle loro labbra il racconto di quei giorni. Perché “la memoria ha a che fare con i vivi”