Violenza nelle scuole: generalizzazione di una generazione

I recenti casi di aggressività nei luoghi dell’istruzione alzano un polverone sul degrado educativo dei ragazzi di oggi. Soffiamoci sopra…

Non per smentire quanto scritto sopra, ma se una cosa è vera, specialmente in quanto informatori, è giusto evidenziarla: da un mese a questa parte c’è stato un aumento non indifferente degli episodi di violenza nelle scuole. Ragazzi che si picchiano tra di loro, professori che alzano le mani su studenti, genitori che aggrediscono gli insegnanti. In questi casi, più che scuola, giungla sarebbe la parola adatta, visto che la violenza è l’unico mezzo di difesa degli animali, privati del dono della parola. Tutti d’accordo sulla disumanità di certi comportamenti, ma a dividere l’opinione pubblica è il modo di porsi davanti a questa vicenda: a finire sul banco degli imputati della gogna mediatica, infatti, oltre ai singoli episodi deplorevoli di per sé, è la generazione dei ragazzi di oggi. Ed è questo che non va affatto bene. “Quando ero giovane io queste cose non succedevano” , “gli adolescenti di oggi hanno perso il controllo” , “sono i risultati dell’educazione del nuovo millennio”.

Ecco la maggior parte dei commenti che si leggono in rete e non solo, a riguardo. Senza inutili giri di parole, io la chiamo generalizzazione di una generazione. Certo, perché la violenza è un’ invenzione del ventunesimo secolo, no?

Rimanendo guarda caso ancora a scuola, c’è un argomento che potrebbe far comprendere meglio questa vicenda. Studiando la filosofia antica, si ha a che fare con il relativismo sofistico, un movimento che ha alla base l’idea che tutto debba essere misurato sempre a seconda del contesto e che non esista una risposta unica valida universalmente. Usando lo stesso atteggiamento filosofico, infatti, possiamo renderci conto che prima di questa reazione a catena, di questi episodi di violenza nelle scuole fino ad un mese fa si sentiva parlare molto più sporadicamente…

E’ solo dalla vicenda di Caserta del 1 febbraio, in cui un alunno ha accoltellato la sua insegnante, che è nata un’escalation di circostanze simili. Più che universalizzare il tutto sull’educazione dei ragazzi di oggi, dunque, bisognerebbe relativizzare i casi di questo mese ed interrogarsi sul perché si siano concentrati “senza tregua” uno dietro l’altro a effetto domino. Che si tratti dunque di tentativi di emulazione? Probabilmente si, perché incoraggiati da un’azione spavalda, spesso si prendono le forze per compierla a propria volta. Inoltre, analizzando nel dettaglio i casi, bisogna ammettere che i luoghi e contesti in cui si sono verificati i fatti non agevolano facilmente l’evoluzione personale dei ragazzi. Da non considerare come un discorso classista, ma magari è giusto riflettere sul fatto che alcune aree d’Italia non sempre offrono gli stimoli giusti a chi ne avrebbe bisogno; o forse, è vero anche che le famiglie non si occupano della crescita dei figli quanto dovrebbero.

In fondo, casi come questi non si sono verificati in grandi metropoli come Roma o Milano, ma in piccole realtà dove le possibilità, a volte, possono mancare. I ragazzi si sentono trascurati, non sono seguiti a sufficienza, non hanno la cultura del “valore” dell’istruzione, e a causa della loro fragilità si ritrovano a compiere atti come questi.

E poi, giusto per mettere le cose in chiaro, ma qualche decennio fa la violenza nelle scuole non esisteva? Anzi, probabilmente episodi del genere erano anche più frequenti, specialmente nel periodo degli anni di piombo in cui la politica era più sentita e si veniva alle mani solo a causa di un orientamento ideologico diverso.

Del resto, i tempi passano e con loro anche modi di vivere e stili di educazione.

Magari i genitori di oggi saranno più protettivi e meno autorevoli; questo crea un po’ più di tracotanza nei loro figli, ma con episodi del genere ciò non c’entra assolutamente nulla.

Siamo effettivamente passati da un’epoca in cui il rapporto genitori-figli era più formale ma i ruoli erano più definiti e ci si assumeva più responsabilità, ad uno in cui mamme e papà assecondano un po’ troppe richieste e non riconoscono le colpe dei propri pargoli. Chissà, forse per non riconoscere le loro.

Comunque sia, sebbene vero, questo rimane un discorso che con le aggressioni a scuola c’entra ben poco.

Abbassiamo la voce, fermiamo queste polemiche fini a sé stesse, soffiamo su questo polverone. Siamo davanti all’inadeguatezza: della scuola, delle famiglie, dell’educazione.

E’ la storia di tanti piccoli fallimenti, difetti della nostra società.

Ma per quanto riguarda le critiche generaliste, questo è il classico caso di tanto rumore per nulla.

Emanuele Caviglia