Risultati post voto: ecco come si presenta l’Italia

Elezioni 2018: Italia divisa a metà

Al Nord vince la coalizione di centro-destra (37% dei voti), mentre il Sud preferisce il Movimento Cinque Stelle (32% dei voti). PD: “Sconfitta netta”

 

I “vincitori”: Cinque Stelle e coalizione di centro-destra

Le elezioni per la Camera che si sono svolte il 4 marzo hanno, visto comparire come primo partito il Movimento Cinque Stelle con il 31% dei voti, mentre il centrodestra conquista la posizione di prima coalizione con il 37%.  Queste cifre, in ogni caso, chiariscono l’impossibilità di formare un governo, possibile ad una soglia del 40%. Nelle prossime settimane tutto dipenderà dalle intese che il primo partito deciderà di compiere.

 

Movimento Cinque Stelle: Il leader dei Cinque Stelle, Luigi Di Maio, nei mesi scorsi aveva ribadito: “dovessimo aver raggiunto meno del 40%, dovremo fare un appello pubblico a tutte le forze politiche presenti in Parlamento per dare un governo a questo Paese ” – poi aggiunge – “non vogliamo lasciare il Paese nel caos”.  Alessandro Di Battista, deputato uscente del Movimento 5 stelle, ha dichiarato alla stampa dopo i primi dati delle proiezioni:

“Se questi dati dovessero essere confermati si tratterà di un trionfo, una vera e propria apoteosi che dimostra il lavoro che abbiamo fatto. E che tutti quanti dovranno venire a parlare con noi. E questa è la migliore garanzia di trasparenza per i cittadini, perché tutti i partiti dovranno venire a parlare con noi secondo i nostri metodi di trasparenza”

 

La Lega: Un altro dato rilevante emerso dalle prime indiscrezioni è il decollo della Lega, che prende il 17 e si pone a capo della coalizione, staccando di 3 punti Forza Italia, ferma al 14. Matteo Salvini diventa, quindi, il capo del centrodestra. Il Carroccio non solo doppia i berlusconiani in quasi tutto il Nord (con percentuali che sfiorano il 30 nel Triveneto e in Lombardia), ma è il vettore della coalizione in tutta l’Emilia e in Toscana. Il leader della Lega, Matteo Salvini, elogia un tweet i primi dati elettorali. E il vicesegretario dalla sede del partito in via Bellerio, a Milano, Giorgetti, aggiunge: “Parleremo per prima con i nostri alleati, abbiamo idea di cosa fare e guardiamo al futuro con serenità e consapevolezza. Credo che la sfida di Matteo Salvini sia stata vinta”. C’è “grande soddisfazione”.

 

 

Cosa possiamo aspettare da questo quadro politico? Con il testa a testa tra Movimento 5 Stelle (primo partito per numero di votanti) e Lega Nord (primo partito nella coalizione più votata), si prospetta difficile un possibile accordo governativo. Un’ipotetica alleanza tra questi due partiti? Probabile, ma non scontata. Entrambi fortemente contrari all’immigrazione, alla legge Fornero e al Jobs Act, ma diversi su tematiche quali politiche economiche e diritti civili (anche se i pentastellati si sono astenuti per la maggior parte delle votazioni su quest’ultimo tema). Michele Emiliano, governatore della Puglia, dal canto suo guida la minoranza Dem affinché appoggi un probabile governo di intesa con il Movimento e lasci la linea guida di opposizione lasciata intendere da Renzi. In ogni caso, per quest’ultima possibilità vedremo i risultati nella prossima riunione congressuale del Partito Democratico, dove si deciderà la futura linea politica da adottare dopo queste elezioni che lo hanno visto drasticamente crollare.

 

Cosa che più colpisce di questo risultato elettorale è la disposizione dei voti e dei risultati dei collegi uninominali. Al Nord trionfa il centro destra mentre il Sud è quasi completamente pentastellato (in Sicilia, Sardegna, Puglia e Basilicata hanno vinto tutti i collegi).

Alcuni, magari ironicamente, e altri con un tono quasi provocatorio e polemico, fanno discendere la causa della “revanche stellata” al Sud come “brama” del reddito di cittadinanza, confrontando la mappa geografica che mostra gli indici della disoccupazione giovanile con quella dei risultati dei collegi uninominali (molto simile la corrispondenza tra le due aree meridionali, tra disoccupazione e vittoria dei cinque stelle) e rinnovando ancora una volta il triste luogo comune  dei meridionali come scansafatiche e poltroni (noti a tutti sono ormai gli episodi dei CAF di Giovinazzo presi d’assalto da giovani che chiedevano di poter firmare i moduli per il sussidio). Monumentali infatti sono le percentuali raggiunte in luoghi simbolo del Meridione: Scampia e San Giovanni a Teduccio, quartieri “ghetto” della malavita e quartieri popolari ed operai sono stati strappati dal M5S con oltre il 60% dei voti mentre a Bagnoli, dove sorge la storica sede dell’Italsider, per i penstastellati ha votato a favore il 57% della popolazione.

Risultati particolari e caratterizzanti che mostrano, secondo il parere del sociologo De Masi, simpatizzante per le cinque stelle, come il Movimento sia ormai la nuova espressione di quel che fu il Partito di Berlinguer e della sua “questione morale”.

A prescindere da considerazioni morali, etiche ed ideologiche molto approssimate e probabilistiche, la vera causa della vittoria penstastellata è da ricercare nell’abbandono dei ruoli politici chiave prima ricoperti dal centro sinistra. I Dem non hanno mai fatto sforzi per mantenere e salvaguardare il bagaglio di voti ottenuto al Sud, e anzi, quando era necessario aumentare il bacino d’affluenza, intrecciavano metodi pseudolegali con associazioni esterne di stampo malavitoso (lo scandalo firme false è solo il primo di numerosi esempi). Nel contempo il centrosinistra si è limitato a disseminare il Sud di vari governatori locali e ad imbottire le varie giunte regionali di consiglieri e assessori più legati al proprio tornaconto personale che alla situazione economica e politica del territorio. È così che si ritrova un Roberto De Luca, figlio del governatore Vincenzo, che gestisce a nome proprio degli affari di competenza regionale e per giunta con metodi illegali (ci riferiamo all’inchiesta portata avanti da Fanpage) oppure un Franco Alfieri, l’uomo “delle fritture” deluchiane. Sono le stesse considerazioni che emergono dalle parole di Antonio Rubino, storico responsabile dell’organizzazione del Pd in Sicilia. “Hanno trattato il Mezzogiorno come faceva la vecchia politica. Una sorte di palude nella quale nascondere operazioni nepotistiche e trasformistiche.” La politica regionale del Meridione ha creato malumori tra la popolazione e di conseguenza si sono affermate le liste “di protesta”, i partiti antisistema. Nei buchi e vuoti politici lasciati dalle precedenti e dalle attuali amministrazioni, i cinquestelle sono riusciti ad infilarsi e a farsi spazio come polpi in una fessura.

 

Gli sconfitti di queste elezioni sono sicuramente in tre: Pd, Liberi e Uguali e Forza Italia.

Il primo, dilaniato al suo interno da diverse correnti defezioniste, non è riuscito ad imporsi sull’elettorato medio. Le uniche regioni in cui porta a casa qualche collegio sono, oltre alle “rosse” Toscana ed Emilia, Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta: un numero di seggi limitatissimo per quel partito che alle scorse elezioni sfiorava quota 40. Renzi, deluso e sconfitto, lascia la plancia di comando da segretario affermando di voler fare il “semplice senatore” (quel Senato che il 4 dicembre voleva abolire) ma rinvia le dimissioni a quando si sarà insediato il nuovo Parlamento e il nuovo Governo. Nel frattempo la minoranza coglie la palla al balzo e, guidata da Michele Emiliano, dichiara che l’unica possibilità per il PD sia l’appoggio ad un molto probabile governo penstastellato. Ipotesi che non piace tanto all’ala filorenziana, a tal punto che Matteo Orfini afferma:” un appoggio al M5S sarebbe la fine del PD”. In ogni caso, la direzione futura si vedrà a seguito della direzione generale prevista in data futura.

Altro grande sconfitto è il partito guidato da Pietro Grasso, Liberi e Uguali, che si attesta attorno al 3,5% sia per la Camera che per Palazzo Madama. Sconfitti addirittura gli ex big della politica come Massimo D’Alema che perde nell’uninominale a Nardò, in Puglia, arrivando addirittura terzo dopo centrodestra e cinquestelle. Grasso ha però anche sottolineato che “continueremo con il nostro progetto a cui crediamo, come promesso ai nostri elettori”. Il presidente uscente del Senato ha anche parlato del Pd e del futuro del suo segretario: “Non facciamo questioni di persone: la nostra coerenza è vedere le politiche del Pd. E ci riserviamo di valutare qualsiasi confronto. Il Parlamento è il luogo del confronto”.

Infine risulta sconfitto anche Forza Italia, il partito di Berlusconi tornato alla ribalta dopo il successo delle regionali in Sicilia che hanno visto il successo di Musumeci, candidato appunto con la lista di centrodestra appoggiata dal Cavaliere. Con il suo 14% lascia le redini della coalizione in mano al più forte Salvini, padrone indiscusso del centrodestra.

Tutto si vedrà al banco di prova del 23 marzo, data della prima riunione delle Camere. I partiti dovranno stabilirsi una precisa linea politica interna, tentando di trovare una stentata maggioranza che permetta di accordarsi almeno sull’ elezione dei presidenti di Camera e Senato. In ogni modo, quella fatidica data darà informazioni molto probabili sulla futura maggioranza che si verrà a creare e sullo schieramento per una futura intesa governativa.

Christian Aversa