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Intervista a nonna Lucia per mettere in luce le differenze tra la scuola moderna e quella del passato.

  • Allora nonna, raccontami un po’ la tua esperienza scolastica! A che età sei andata a scuola?

Sono andata a scuola all’età di sei anni, facendo però la primina, quindi sono entrata direttamente in seconda elementare. Nel mio paese non esistevano le scuole materne o il nido, erano le mamme che, a casa, si occupavano dei bambini.

  • La scuola era lontana da casa? Andavi a piedi o in macchina?

La macchina?! Non c’erano tutte queste comodità di oggi!

Le scuole elementari erano nel mio stesso paese, a pochi metri da casa, quindi potevo andare a piedi.

Le scuole medie, invece, erano in un altro paese. Perciò la mattina dovevo alzarmi molto presto e, insieme ad altri bambini, andavo nella piazza del paese dove un signore, “Gennaro”, ci accompagnava a scuola in calesse.

  • Hai continuato gli studi dopo le medie?

Volevo frequentare l’istituto magistrale, per poi diventare maestra, ma, avendo solo 13 anni, mio padre non mi lasciava andare da sola con il pullman, vista la lontananza.

Così fino all’età di 16 anni ho frequentato la scuola di taglio, prendendo il diploma, e avendo così la possibilità di insegnare anche alle altre ragazze del paese.

Finalmente poi, compiuti i 17 anni, anch’io ho potuto frequentare il magistrale, poiché il papà di una mia amica, che aveva la macchina, poteva accompagnarci ogni mattina.

  • Cosa mi dici riguardo il materiale scolastico che usavate?

Era sicuramente molto più semplice e meno costoso di quello che voi ragazzi siete abituati ad usare. Prima si andava a scuola solo con matita e penna biro, non tutti potevano permettersi pastelli colorati, e i pennarelli non esistevano.

Alle elementari, per scrivere, utilizzavo il calamaio: all’inizio ho avuto qualche difficoltà poiché si doveva fare attenzione a non sporcare il quaderno di inchiostro, altrimenti la maestra si sarebbe arrabbiata.

Nel mio paese, poi, non c’erano librerie, quindi molti davano la propria lista di libri ad un ragazzo che, periodicamente, andava a Napoli per comprarli.

SERVILLO MARTINA