UNA VITA DI CORSA – Intervista a Emma Scaunigh

Emma Scaunigh: Una vita per lo sport

Un’unica meta da raggiungere, passione per il sacrificio, adrenalina, resistenza.

Queste sono le parole d’ordine della lunga carriera di Emma Scaunigh, che ha dedicato la propria vita allo sport ed ha creduto fino alla fine nel proprio sogno, un sogno che è poi diventato realtà.

Una realtà che per tanti anni ha significato rinuncia, agonismo, allenamento e che l’ha vista correre sui tracciati delle maratone di tutto il mondo e che le ha cambiato la vita.

Oggi, dopo innumerevoli successi, la troviamo immersa nella natura delle campagne bolognesi che rincorre il vento cavalcando Fiona, la sua attuale compagna di corsa.

Niente più mete, soltanto la voglia di lasciarsi trasportare.

La vita è fatta di coincidenze e forse questa passione è nata proprio così: Emma ha iniziato a cavalcare quando si trovava in

Costa Rica con il proprio compagno e da quel giorno non ha più smesso.

 

 

 

Gli occhi azzurri le brillano di entusiasmo mentre accarezza Fiona, la dolcissima cavalla Bardigiana di cui si prende cura da alcuni anni.
Eppure, Emma Scaunigh ha passato la vita in un mondo che non ha niente a che vedere con code e criniere: classe 1954, ha partecipato e vinto tutte le migliori maratone italiane (come Carpi, Venezia, Torino e Milano) è stata per 5 volte di seguito campionessa italiana di maratona (1989-1993), oro a squadre nel 1985 alla coppa del mondo, secondo posto alla maratona di Chicago nel 1988, ha partecipato 8 volte a quella di New York e a un’edizione dei mondiali a Roma nel 1987, oltre che a due edizioni dei Giochi Olimpici (1988 a Seul, 1992 a Barcellona). Per i suoi risultati sportivi (vittoria alle maratone di Los Angeles, Chicago e New York) nella categoria Over 40, è stata addirittura ricevuta, insieme ad altri atleti, alla Casa Bianca dal presidente Bill Clinton. Come, dunque, è finita in questo mondo di box e recinti, così lontano distante dalla carriera che ha segnato la sua vita?
Ci racconti come ha iniziato a correre.
Ho corso fin dall’infanzia: ero una bambina molto attiva. Ho partecipato a qualche edizione dei Giochi della Gioventù e a qualche gara in occasione dei campionati provinciali e regionali, ma niente di più. Poi ho interrotto e praticato altri sport.
Di quali sport sta parlando?
Basket, sci, soprattutto pallavolo. Comunque lo sport è stata anche materia di studio per me: ho frequentato l’ISEF e questo mi ha portato a insegnare per qualche anno educazione fisica alle scuole medie.
E poi perché è ritornata all’atletica?
A 24 anni ho conosciuto Franco, che poi è diventato il mio compagno, e lui ha visto in me le potenzialità per diventare atleta di maratona. Il mio primo preparatore è stato proprio lui!
Dopo un anno, sono passata sotto la guida di Giampaolo Lenzi, allenatore del CUS di Ferrara, la società sportiva che frequentavo, poi divenuto allenatore della squadra nazionale italiana di maratona.
Che ricordi ha delle Olimpiadi?
Ho visto più la voglia di partecipare che l’agonismo fra i rappresentati delle varie nazioni: c’era un bellissimo clima di solidarietà e rispetto, c’era la voglia di scambiarsi opinioni e consigli fra atleti.
Niente ansia da prestazione?
No, avevo solo voglia di correre. Per il resto è stata una gara come le altre.
Ora sono 18 anni che si è ritirata dall’attività agonistica. Cosa le è rimasto oggi di quella vita?
Tutta l’esperienza che ho accumulato in quegli anni, tecnica e non solo.
La stessa esperienza che cerco di trasmettere a tutti quelli che incontrano la mia strada e che mostrano curiosità verso questo sport.
Non le manca correre?
La vita dell’atleta professionista non mi manca per nulla, ma in privato corro ancora, e tanto. Ora però più che altro faccio correre gli altri: lavoro come preparatrice atletica per giovani e meno giovani.
Come ha iniziato a montare a cavallo?
Ho iniziato per caso, durante un viaggio in Costa Rica con Franco: il modo migliore per visitare il luogo è proprio a cavallo e così ho deciso di provare, anche un po’ per curiosità perché non avevo mai cavalcato prima.
Poi, una volta tornata a casa, ho iniziato a prendere lezioni vere e proprie in un maneggio, con l’intenzione di partecipare a qualche gara di endurance (competizioni che uniscono velocità e resistenza sia del cavallo che del cavaliere n.d.r) perché era la disciplina più “vicina” alla maratona e mi affascinava l’idea di diventare l’allenatrice di un cavallo. Per svariati motivi, però, non ho mai preso parte a quel genere di competizioni. Ho invece partecipato ad alcune gare di reining (specialità dell’equitazione americana che verifica l’addestramento del cavallo e la sua abilità nell’eseguire alcune manovre al galoppo in una sequenza prestabilita dietro precisa richiesta del cavaliere n.d.r) prima con cavalli di razza Quarter Horse del maneggio, e poi con Pablo, il mio primo cavallo di proprietà.
Ci racconta qualcosa di lui?
L’ho trovato nel maneggio dove ho iniziato a montare.
Era un cavallo Argentino importato in Italia via mare, sì, proprio in uno di quei viaggi massacranti in cui i cavalli viaggiano per giorni al chiuso nella stiva di una nave.
Era un cavallo molto schivo, teneva sempre la testa nascosta in un angolo del box ed è stato proprio questo che mi ha colpito. Ho iniziato ad andare a salutarlo ogni volta che andavo in scuderia, ogni tanto gli portavo un po’ di pane secco, una carota o una mela, e lui piano piano ha iniziato ad affacciarsi alla porta del box per salutarmi e farsi accarezzare quando andavo da lui. Alla fine ho deciso di acquistarlo e così, quando ho cambiato maneggio, è diventato il mio compagno per le passeggiate in campagna. Pablo è morto 2 anni fa.
E della sua Fiona invece cosa ci dice?
È stata la prima cavalla che ho montato dopo la morte di Pablo. Quando è arrivata in scuderia era reduce da un grave infortunio al tendine dell’anteriore sinistro, e io ho collaborato con l’attuale proprietaria della cavalla durante le cure e la riabilitazione. Oggi la monto solo io, in accordo con la proprietaria. La cavalla sta benissimo ed è diventata la mia nuova compagna di passeggiate e non solo: è un’amica che mi sostiene sempre, in cambio chiede solo un po’ di affetto.
Cosa prova quando è in sella?
Mi rilasso, stacco la testa da tutto: è il mio modo per non pensare ai problemi di tutti i giorni, a quella che è la mia quotidianità.
L’intervista si chiude così, con i cavalli che allungano il passo verso la scuderia ed Emma che, sempre sorridendo, mi supera partendo al trotto.

 

Di Claudia Pancaldi e Giorgia Lullini