Viaggio attraverso la Nonviolenza: una missione incompiuta

Bernice King: “Obiettivo non ancora centrato”

Alcune settimane fa si è tenuta la terza edizione del Premio Internazionale della Pace e Nonviolenza a Monteleone di Puglia, nella quale è stata premiata la figlia di Martin Luther King, Bernice Albertine. Proprio il 4 Marzo di 50 anni fa, al pastore battista veniva negata, con un brutale assassinio, la possibilità di vedere compiuto il suo sogno, ovvero la fine della discriminazione razziale. Sogno che la figlia, alla cerimonia di premiazione, ha ritenuto ancora incompiuto. Alcuni anni prima della morte, Martin Luther King marciò pacificamente su Washington per l’ottenimento dei diritti civili delle persone di colore, riuscendo ad ottenere l’abrogazione ufficiale di ogni forma di segregazione in luoghi pubblici. Ma come è stato possibile ottenere ciò con la nonviolenza? Come è riuscito Martin Luther King a mettere in atto, fin quando è stato possibile, il metodo usato quasi un secolo prima da Gandhi? Egli stesso, nel 1959, si recò in India per approfondire la filosofia gandhiana.

 

Cos’è realmente la Nonviolenza?

La Nonviolenza, la cui etimologia deriva dal sanscrito, è una forma di disobbedienza civile pacifica e di resistenza passiva. Uno dei particolari che colpisce di questa parola è la mancanza di spazi o trattini tra le due parti che compongono il termine. Infatti il concetto non vuole alludere a un semplice rifiuto alla violenza, ma propriamente all’assenza del desiderio di nuocere, far del male o uccidere.

Il maestro della Nonviolenza

Il primo iniziatore fu Mohandas Gandhi, detto il Mahatma. Nel 1893 si reca in Sud Africa, rimanendoci per una ventina di anni e venendo a contatto con una realtà terribile: migliaia di immigrati indiani venivano sottoposti a segregazioni da parte delle autorità britanniche.

Questa situazione lo spinge così alla lotta politica, con un metodo esclusivamente basato sulla resistenza nonviolenta-“satyagraha”, avente per mezzo di pressione la massa. Gandhi giunge così all’uguaglianza sociale e politica tramite le ribellioni pacifiche e le marce.

Tornato in India, lo attende una situazione pesante a causa delle legislazioni che prendevano le terre dei contadini in caso di scarso raccolto. Egli diventa così il leader del Partito del Congresso, partito che si batte per la liberazione dal colonialismo britannico, e lo fa attraverso 3 campagne di resistenza. In tutti i casi subisce processo e arresto, ma nonostante ciò marcherà dalla seconda campagna in avanti la richiesta di indipendenza dell’India. Il suo paese la otterrà soltanto al termine della seconda guerra mondiale, nel 1947, e dopo la scissione dal Pakistan. Divisione che porterà dolore a Gandhi per la terribile guerra civile che ne segue e che provoca milioni di morti e profughi. La preghiera sollecitata da Gandhi suscita l’odio di un fanatico che lo uccide a inizio 1948.

 

I cardini della Nonviolenza

Il pensiero del Mahatma si basava su 3 punti fondamentali: l’autodeterminazione dei popoli, la tolleranza religiosa e la Nonviolenza. Proprio quest’ultimo precisava il non fermarsi ad una posizione negativa, ovvero non essere causa di male agli altri ma di tenere in sé la carica positiva della benevolenza universale e dell’amore puro’ riportato in vari scritti sacri delle principali religioni. La nonviolenza è quindi un imperativo religioso prima che un principio dell’azione politico-sociale.
Gandhi rifiuta la violenza come strategia di lotta perché la violenza suscita solamente altra violenza, piuttosto propone come strategia la resistenza passiva, il non reagire alle provocazioni dei violenti, e la disobbedienza civile, cioè il rifiuto di sottoporsi a leggi ingiuste.

Figure di spicco che si sono ispirate alla Nonviolenza

Inaspettatamente la metodologia gandhiana si è rivelata efficace e attuale anche nelle epoche successive, con persone di diversa fede religiosa ma tutte con un unico obiettivo: incidere con la Nonviolenza in momenti di conflitto. Tra le figure più importanti che si sono battute seguendo gli ideali di Gandhi troviamo Madre Teresa di Calcutta. Quando nel 1979 fu premiata col Nobel, pronunciò «Nella nostra famiglia non abbiamo bisogno di bombe e di armi, di distruggere per portare pace, ma solo di stare insieme, di amarci gli uni gli altri […] E potremo superare tutto il male che c’è nel mondo». La nonviolenza, seguendo tale esempio, non è dunque passività ma la disponibilità a farsi carico di ciò che avviene nel mondo, bello o brutto che sia

Un altro esempio interessante è dato da un contemporaneo di Ghandi, vissuto però anche oltre la morte del Mahatma. Si tratta del musulmano Badshah Khan, molto meno noto ma non meno importante per il contributo non violento dato soprattutto al Pakistan. Un’eredità ancora oggi attuale e che è in forte contrasto con i vari gruppi religiosi presenti nel paese, tant’è che una scuola a lui intitolata qualche mese fa ha subito uno degli attentati più disastrosi da parte dei jihadisti.

Un altro esempio ancora meno noto è quello di una donna liberiana, Leymah Gbowee, di fede luterana. E’ stata infatti protagonista nel processo che ha portato la Liberia fuori dalla guerra nei primi anni Duemila. Il suo contributo è stato quello di rendere altre donne cristiane portatrici di pace e preghiera, tant’è che il gruppo di pressione formatosi ha giocato un ruolo cruciale nei negoziati per la pace.

 

Occidente ancora discriminante

Ci sono altre due figure che risollevano temi attualissimi, le quali problematiche sono tutt’ora in corso. Si tratta di Giovanni Paolo II e dello stesso Martin Luther King. Il primo, in una sua enciclica ricorda come nel 1989 la forza per buttare giù il muro non sia derivata dall’uso violento di oggetti usati per abbattere blocco dopo blocco quella barriera, bensì «dall’impegno non violento di uomini che, mentre si sono sempre rifiutati di cedere al potere della forza,e hanno saputo trovare di volta in volta forme efficaci per rendere testimonianza alla verità». Tutto ciò in una società occidentale che oggi mostra ancora alcuni segni di discriminazione verso l’uomo di colore.

 

Sogni irrealizzati

Martin Luther King invece, che ha più volte marciato senza l’utilizzo di violenza negli anni ’60 per l’ottenimento dei diritti civili degli uomini di colore e contro le discriminazioni, è forse l’unico personaggio a cui attribuirgli una situazione ancora molto irrisolta nel suo paese. Negli USA, in questi ultimi anni, sono stati molti, forse anche troppi, gli incidenti spiacevoli che hanno visto forze di sicurezza quali la polizia scontrarsi a fuoco contro manifestanti pacifici o semplici passanti. Ma tutto questo perché? Può essere che la società oggi possa influire molto anche sul singolo individuo? Ci può essere qualche reazione, ovviamente nonviolenta, che possa in qualche modo cambiare quelle che sono oggi situazioni ancora discriminatorie in alcuni stati del mondo?

La società odierna può cambiare la situazione attuale

Su questo, si è espressa la figlia di Martin Luther King proprio qualche settimana fa alla cerimonia tenutasi in Puglia. «Alzatevi», ha detto alle donne presenti all’incontro, «voi siete l’anima delle nazioni e del mondo». E ha aggiunto: «Sono convinta che le nuove generazioni possiedano le giuste capacità per dirigere la società attuale verso una direzione di pace, secondo gli insegnamenti ai valori umani impartiti da mio padre».

 

Sogni della futura generazione

Sempre negli ultimi giorni, a sorpresa, è salita su un palco durante una manifestazione a Washington contro le armi, anche la nipote di Martin Luther King, ispirandosi al nonno e definendo uno dei futuri sogni della società di oggi: un mondo libero dalle armi. In una società facilmente condizionabile da tutto ciò che circola libero, che siano opinioni, modi di vedere e di reagire in massa ad avvenimenti quali guerre, sbarchi di immigrati, attentati ecc ecc, non è, per quanto ancora impressionabile, sufficiente solo il semplice metodo della nonviolenza. Anche il mezzo di comunicazione è molto importante e ciò che ha fatto e detto Yolanda Renee, la nipotina del “King”, fa capire come i problemi che ammorbano la società non stanno passando indifferenti alla generazione di oggi.