La creatività di un popolo

La cultura di un popolo è determinata dalla sua creatività. Quanto più un popolo ha creatività, quanto più le sue creazioni (artistiche, letterarie, ma anche scientifiche) rimarranno impresse nell’immaginario dei posteri.

Ma come si viene a costituire la creatività di un popolo?  È un avvenimento casuale o è il passato che un determinato popolo si porta appresso a favorirne lo sviluppo? Cesare Pavese si pose questa domanda e si rispose che è proprio il passato a far sviluppare la creatività.

La storia ci fornisce vari esempi che avvalorano la tesi dell’autore. A partire dall’età classica, infatti, troviamo due delle più grandi civiltà mai esistite, dal valore culturale immenso: da un lato la civiltà greca, dall’altro quella romana. Analizzerò ora queste due culture e i loro interpreti.

La magnificente civiltà greca che tutti conosciamo è figlia di un periodo di buio, il medioevo ellenico, del quale ignoriamo gli avvenimenti. Questo periodo, protrattosi dal XII sec. a.C. fino al VII sec. a.C., trasmise la sua grandezza attraverso una forma epico-mitica orale, essendo scomparsa la scrittura durate questi secoli, nella quale i greci trovarono ispirazione per la creazione delle loro opere letterarie. Ispirazione che portò la cultura greca a dividersi in due fasi differenti. Nella prima, della quale alcuni tra i maggiori interpreti furono Eschilo e Sofocle, gli artisti ripresero la cultura tramandata loro. Nella seconda fase, invece, artisti e pensatori quali Euripide, Socrate, Platone ed Aristotele si distaccarono da ciò che li aveva formati. In entrambi i casi, dunque, la grande cultura greca fu determinata, direttamente o indirettamente, dal passato e dalla cultura passata, unendosi al genio dei singoli. Nel caso della civiltà romana, invece, l’ispirazione alla creatività derivò da due fonti: la cultura greca, di cui si è parlato precedentemente, e l’ immensa potenza militare dell’età repubblicana portarono, infatti, allo sviluppo e alla fioritura della cultura tardo-repubblicana oltre a quella della fase iniziale dell’età imperiale. Questo doppio bagaglio culturale portò letterati quali Virgilio e Catullo a esprimere la loro creatività, creando nuova cultura.

Spostandoci di svariati secoli più avanti, nel XIX sec. d.C., possiamo notare come la cultura greco-romana avesse contribuito a rendere l’Europa il centro culturale più influente del mondo. In questo periodo, infatti, confluì la cultura dei secoli precedenti, compresa quella greco-romana, creando in questo modo due dei più suggestivi pensieri della modernità: quelli di Nietzsche e Marx. L’uno, da filologo, si distaccò dalla letteratura e dalle arti a lui precedenti, operandone una critica. L’altro, da economista, si oppose al sistema politico-economico in vigore, proponendone uno alternativo.

Lo stesso Pavese, nel XX sec , fu un ottimo esempio della sua stessa tesi: i suoi Dialoghi con Leucò riprendono a piene mani la cultura classica, riproponendone i contenuti con una forte connotazione moderna e mostrando la grande creatività conferita dal passato all’autore.

In conclusione, si possono capire, anche attraverso gli esempi citati, le ragioni di Pavese nell’affermare che <<si diventa creatori anche noi, quando si ha un passato.>>

 

Di Alessandro Libralesso

 

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