L’autismo

L’autismo non è una malattia.

Una malattia,infatti, prevede una diagnosi e una cura: dall’autismo invece non si guarisce.

L’autismo è una sindrome che riguarda tutta la morfologia della persona, che interessa ogni aspetto del suo essere. Ogni individuo affetto da autismo è unico e irripetibile perché esistono infinite combinazioni di questa sindrome. Sono anni che gli studiosi cercano di indagare le cause del disturbo autistico, ancora in parte incerte: gli studi più recenti dimostrano che è la risultante di vari fattori, tra cui la combinazione di fattori genetici.

Una combinazione tra predisposizione genetica (o ereditarietà) e cause esterne determina la sindrome. Con certezza non si sanno quali sono queste cause esterne, però a volte c’è un collegamento con una forte infezione, o una malattia infettiva. Dall’autismo non si guarisce, infatti il disturbo, lieve o meno che sia, accompagnerà il bambino per tutta la sua esistenza. Ci sono però dei modi per rendere compatibile l’autismo con le sfide quotidiane della vita, facendo raggiungere ai bambini autistici il massimo livello di abilità possibile, per far vivere meglio loro e chi sta loro intorno. La diagnosi dell’autismo è una diagnosi complessa, che deve essere praticata da personale esperto. Per capire se si è affetti da questa sindrome si parla di segni, non di prove, ma di segnali che devono attirare l’attenzione del genitore e guidarlo verso il consulto con uno specialista. Gli aspetti più importanti da considerare in un bambino di 2/3 anni sono questi: la presenza dello sguardo laterale (la difficoltà a prendere lo sguardo di chi parla), il movimento di mani e piedi in modo a-finalistico (dunque di movimenti senza scopo apparente), la ripetitività dell’esecuzione di alcune attività.

La cosa più importante è la serialità dell’apprendimento e la sua costanza. Gli autistici sono bambini molto delicati, perché sono iper-sensoriali: il loro cervello è fatto in modo da percepire tutti gli stimoli (udito, gusto, olfatto, vista,tatto) contemporaneamente e questo genera in loro una grande confusione: è fondamentale non presentare attività in parallelo, per non mandare in tilt il loro cervello. Infatti se si provasse a entrare nella testa di un bambino autistico si sentirebbe un continuo rumore di fondo, una confusione senza senso. Non esistono rimedi unici: ci sono bambini autistici che si rilassano molto con la musica classica, altri con le melodie stile new age.

La musica deve essere in ogni caso a un volume soft, preferibilmente senza cantato e parole. Per i bambini piccoli invece l’ideale è il carillon, molto tranquillizzante. Per stimolare i bambini autistici è molto efficace utilizzare lo stimolo iconico, senza parole, perché la foto è meglio del disegno,  è più precisa, e poi anche se il disegno fosse fatto bene, non avrebbe la stessa precisione nei dettagli. La comunicazione facilitata si colloca inoltre all’interno delle strategie di comunicazione aumentativa alternativa. Con essa si intendono forme di comunicazione che sostituiscono, integrano o aumentano il linguaggio verbale orale.
L’allenamento alla comunicazione facilitata consiste nello sviluppo di abilità comunicative attraverso l’indicazione con il sostegno di un facilitatore. Quest’ultimo fornisce al soggetto facilitato un supporto fisico, cioè un aiuto nello stabilizzare il braccio o nell’isolare il dito, ma soprattutto fornisce un supporto emotivo alla persona.
Si propone anche di sviluppare abilità comunicative, migliorare l’organizzazione del pensiero, permettere al soggetto di partecipare alla vita sociale, esprimere scelte, fare richieste…

La comunicazione facilitata può essere applicata a soggetti che presentano due specifiche condizioni di facilitabilità: disturbi delle funzioni esecutive e disturbi della funzione linguistica. Pertanto, per accedere alla tecnica viene effettuata una valutazione del linguaggio verbale e della capacità di indicare. La comunicazione facilitata si basa, inoltre, sulla convinzione di fondo che le difficoltà comunicative dei soggetti facilitati siano di natura espressiva e non cognitiva e che quindi essi posseggano capacità intellettive ed un mondo interiore molto più sviluppato rispetto a quello dei cosiddetti “normodotati”.

          -Arianna Celia