DALLA SIRIA VENTI DI GUERRA FREDDA. A CHI CREDERE?

SCAMBIO DI ACCUSE TRA IL FRONTE RUSSO/SIRIANO E ANGLO/FRANCESE RIGUARDO ALL’ATTACCO A DOUMA. TRUMP CONFUSO SUL DA FARSI

Di Mattia Gabella

Poche ora fa il ministro degli affari esteri russo Sergej Lavrov ha risposto alle accuse che volevano il presidente siriano Bashar Al-Assad nuovamente coinvolto in un presunto attacco con armi chimiche nella città di Douma, nell’ovest della Siria, che avrebbe ferito e ucciso più di 700 persone. Negli Stati Uniti intanto l’opinione pubblica si schiera contro l’ennesimo repentino cambio di idee del presidente Trump, il quale in serata era tornato a minacciare siriani e russi rivelando tramite Twitter che non avrebbe esitato ad usare i missili delle sue navi da guerra.

I media occidentali hanno parlato fin da subito di un pesante attacco condotto con l’uso di armi chimiche nella città di Douma, già quasi completamente liberata dalle forze siriane lealiste del presidente Assad. Teresa May si è poi spinta più in là fino a parlare di un coinvolgimento russo nella questione sostenendo di avere prove oggettive dell’attacco. Il governo di Damasco e quello di Mosca hanno negato fin da subito il loro coinvolgimento ma dopo presunte indagini hanno ribaltato la questione, accusando gli stessi occidentali, in particolare i britannici, di aver organizzato essi stessi questa “provocazione” per giustificare il proprio intervento nel territorio.

Intanto la questione si complica ancora di più con l’entrata in campo di terze parti come il presidente americano Trump e l’omonimo francese Macron. Entrambi si sono detti pronti a intervenire “prendendo le necessarie misure contro i responsabili dell’attacco ed i loro alleati”, misure che comprenderebbero anche l’uso dei nuovi missili “Tomahawk” lanciabili dalle navi USA che tutt’ora incrociano al largo delle coste siriane. L’opinione pubblica ha però frenato il presidente americano, chiarendo nuovamente che gli Stati Uniti devono stare lontani da guerre lontane migliaia di chilometri dalle proprie coste e fondate su accuse incerte come quella condotta non più di 15 anni fa contro Saddam Hussein, accusato di possedere armi biologiche mai ritrovate dai militari statunitensi e che costò agli States 4500 vite. Anche il Pentagono, nella persona del generale James Mattis, ha invitato Trump alla prudenza e a non lasciarsi andare ad affermazioni che porterebbero escalation fuori controllo.

Il governo russo è invece deciso a portare avanti una politica di distensione, senza però astenersi dal rispondere alle accuse occidentali. Il presidente Putin ha avuto un lungo dialogo telefonico con Macron ed entrambi sono giunti alla conclusione che sia necessario abbassare i toni per il bene di tutti ed aspettare che venga fatta chiarezza sulla questione. Il ministro degli esteri Lavrov ha invece ottenuto una seduta straordinaria del consiglio di sicurezza dell’ONU per discutere dei fatti siriani. In una nota ufficiale ha inoltre sostenuto di avere “prove inconfutabili” riguardo al coinvolgimento degli 007 britannici nell’attacco, i quali si sarebbero serviti per i loro scopi dei Caschi Bianchi, ONG fondata da un ex militare inglese, operante in Siria e già accusata di contrabbando di armi ed azioni militari dal governo di Damasco.

Il pericolo maggiore per la popolazione siriana ad oggi non sono più le bombe o la guerriglia urbana che ha infuriato nel corso di questi anni ma l’essere travolta da questioni di politica internazionale che come spesso accade tendono ad imbavagliare la voce di un popolo che dopo anni di guerra civile chiede solo una pace stabile. Al momento l’unico a poter garantire questa condizione sembra Bashar Al-Assad su cui però pendono ancora le gravi accuse occidentali le quali, nel caso portassero al coinvolgimento diretto di forze esterne, come l’esercito USA, potrebbero prolungare ulteriormente questa situazione disumana, che ha già portato più di 5 milioni di persone a fuggire dal paese.