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La ricerca in Italia e le immunoterapie: le parole di un’esperta

Roma, 16 febbraio 2018, Istituto Superiore di Sanità.

Con questa intervista Giulia Romagnoli, immuno-oncologa e attualmente ricercatrice presso l’Istituto Superiore di Sanità, spiega cosa significa essere un ricercatore in Italia e approfondisce l’oggetto dei suoi studi, l’immunoterapia.

In quanto ricercatrice hai scelto di dedicare la tua vita alla ricerca: sapresti spiegare, in parole povere, cosa significa per te la ricerca e quanto ritieni che questa sia importante nella vita di tutti i giorni?

La ricerca è importantissima, in generale, per chiunque. Inizialmente io l’ho scelta quasi come un gioco perchè, specialmente nell’ambito della ricerca biomedica, questa ha in un certo senso la valenza del piccolo chimico. In realtà quello che tu fai e vedi con i tuoi esperimenti, pur rappresentando solo un infinitesima parte del risultato finale, è molto più di un gioco e porta con sé il desiderio di scoprire qualcosa che possa giovare ed essere utile a qualcuno.

Di cosa ti occupi nell’ambito della tua ricerca presso l’Istituto Superiore di Sanità?

Sono un’immuno-oncologa: la mia formazione di base e il dottorato sono in oncologia, ma a questa si è fuso nella seconda parte della mia vita lavorativa lo studio dell’immunologia, a cui ormai mi dedico da una ventina d’anni. L’immuno-oncologia è, specialmente negli ultimi anni, una disciplina importantissima e si occupa dello studio del sistema immunitario legato alla lotta contro il tumore.

Come ti trovi nel tuo ambiente di lavoro? Pensi che la struttura sia adeguata all’importanza del lavoro che svolgi?

Mi trovo molto molto bene, anche se non è sempre stato così. Si lavora la maggioranza del tempo in équipe, dove ognuno ha un ruolo ben preciso e non sempre è facile non pestare i piedi al collega: è necessaria la correttezza di entrambe le parti. Per quanto riguarda l’Istituto, è innegabile che ci sarebbe la necessità di un rinnovamento, sia delle strutture sia delle apparecchiature. Noi ricercatori ne abbiamo comunque molta cura e riusciamo a fare ricerca di un certo livello, ma si potrebbe fare di meglio.

La posizione del ricercatore in Italia è spesso associata a uno stato di instabilità e precarietà: quanto di questo ritieni che corrisponda alla realtà e come si potrebbe migliorare la situazione attuale?

La mia opinione è di parte, ma credo che dovrebbero esserci un accesso più semplice e più fondi, sia dal settore privato sia dal pubblico. Purtroppo culturalmente in Italia è poco sentito il credere nella ricerca, nonostante questa sia tra i primi paesi in Europa occidentale per quanto concerne qualità e numero di pubblicazioni. Oggigiorno andare all’estero è indispensabile, anche solo per fare esperienza e poi tornare. Mi auguro che con le nuove generazioni, con l’accesso di internet e una maggiore consapevolezza dell’importanza della ricerca le cose possano migliorare.

Invece, riguardo alle tue ricerche in immuno-oncologia, a cosa ti stai dedicando attualmente?

Negli ultimi anni è risultato chiaro che senza un’interazione tra sistema immunitario e tumore non è possibile combattere la malattia. Ciò a cui mi dedico attualmente sono le immunoterapie, vale a dire terapie che si occupano di risvegliare la risposta del sistema immunitario nella lotta contro il tumore. Ciò non toglie che le terapie classiche –chirurgia,chemioterapia, radioterapia- siano comunque necessarie nella gran parte dei casi: quello che si sta tentando di fare è unire terapie tradizionali a queste terapie innovative.

Quali sono i vantaggi e gli svantaggi delle immunoterapie rispetto alle terapie tradizionali? Quanto ritieni che siano importanti queste terapie innovative nella storia della lotta contro il tumore?

Senz’altro le immunoterapie hanno lo svantaggio di essere molto costose e personalizzate, in quanto richiedono la partecipazione diretta delle cellule del paziente alla cura, oltre al fatto che non sono applicabili, almeno finora, a tutti i tipi di tumore. Rispetto alla chemioterapia o alcuni tipi di radioterapia o chirurgia sono terapie meno invasive, ciò non toglie che abbiano comunque effetti collaterali non dissimili a quelli della chemioterapia, come problemi gastroenterici. Nonostante questo, nella storia della lotta contro il tumore le immunoterapie rappresentano un enorme passo avanti, perchè sono più mirate inanzitutto, e poi perchè inducono l’organismo a difendersi dall’interno.

Per concludere, ti ritieni soddisfatta del tuo lavoro? Pensi che sia un lavoro adatto a tutti o che richieda alcune predisposizioni?

Nel mio lavoro ci vogliono una grande motivazione, curiosità e forza di carattere. Bisogna essere molto determinati perchè vanno affrontate tante sconfitte, in quanto la ricerca è fatta di tentativi fallimentari a fronte di pochissime vittorie. E poi bisogna studiare tantissimo, leggere tantissimo e tenersi sempre aggiornati. Personalmente mi ritengo soddisfatta della strada che ho intrapreso, ma non saprei dire se è un lavoro adatto a tutti: bisogna essere pronti a una grande fatica, fisica e mentale.

 

OLIVIA PEROTTI