I personaggi della rivoluzione partenopea

Caracciolo Francesco
Duca, ammiraglio e patriota napoletano (Napoli 1752-1799). Entrato giovanissimo nella marina da guerra, partecipò, a bordo di una nave britannica, alla guerra d’Indipendenza delle colonie nordamericane; al co-mando di uno sciabecco e poi di una fregata si distinse contro i pirati di Algeri e di Tunisi. Nel 1793 comandò i quattro vascelli napoletani che, agli ordini dell’ammiraglio Hood, combattevano contro i Francesi, partecipando alla presa di Tolone e allo sbarco in Corsica. Valoroso ed esperto uomo di mare, e promosso nel frattempo brigadiere (ammiraglio) al comando della divisione navale che scortò la famiglia reale in Sicilia, mal tollerò che i reali avessero scelto il vascello di Nelson per la traversata.
Addolorato per l’autodistruzione della flotta partenopea a Napoli, avvenuta su ordine di Nelson, e costretto a disarmare il proprio vascello ammiraglio, a Messina, chiese al re licenza di recarsi a Napoli per curare il suo patrimonio. Vi giunse poche settimane dopo la proclamazione della repubblica (23 gennaio 1799) e, accolto con entusiasmo e onori, accettò dopo qualche incertezza di porsi a capo della marina repubblicana. Al comando di pochi legni sottili, combatté contro i regi e gli Inglesi, finché, restaurata la monarchia per opera delle forze britanniche e delle bande del cardinale Ruffo, fu condotto, contro i patti della capitolazione, dinanzi a un tribunale che lo condannò a morte.

Carafa (famiglia)
Famiglia napoletana, discendente da un ramo dei Caracciolo. Il suo capostipite fu Gregorio Caracciolo (sec. XVIII), detto Carafa forse perché concessionario della gabella sul vino (detta campione della Carafa).
Assurse a grande importanza nel sec. XIV per l’attiva partecipazione alla vita politica e militare in patria e all’estero e per la potenza feudale accresciuta con matrimoni.
Distintasi in vari rami (Carafa della Spina, della Stadera, di Maddaloni, d’ Anaria, di Rocella, ecc.), divenne la famiglia più importante del napoletano, raggiungendo il culmine della potenza con Gian Pietro (m.1559) di-venuto Papa Paolo IV. Annoverò poi tra i suoi membri cardinali, scienziati e uomini politici. Ottenne nel 1954, con Fabrizio I, il titolo principesco.

Carafa Ettore
Nato nel 1767 (vi è incertezza sul giorno e sul mese), discendente di una illustre famiglia napoletana, Conte di Ruvo e Duca d’Andria, frequentò in Napoli la loggia dei “liberi muratori”; fu imprigionato nel 1795 quando rifiutò di fregiarsi dellíOrdine di San Gennaro, già appartenuto per lignaggio al defunto padre. Evaso da Castel Sant’Elmo nel 1798, riparò a Milano, organizzandovi una legione di volontari per seguire le armate di Francia, che invadevano il Regno delle due Sicilie.
Reprime le insorgenze realiste nelle Puglie con la sua legione e, ritiratesi le truppe francesi dal territorio dell’ex regno alla fine di Aprile ’99, viene inviato in Abruzzo a presidiare la fortezza di Pescara dove Combatte contro le bande del cardinale Ruffo .

                                                       Cuoco Vincenzo
Uomo politico, storico e letterato italiano (Civitacampomarano, Campobasso, 1770 – Napoli 1823). Di-scepolo di Antonio Genovesi e di Mario Pagano, attese a studi giuridici, filosofici, storici, letterari e lesse assiduamente Machiavelli e Vico. Partecipò all’attività politica della Repubblica Partenopea del 1799, pur non condividendone a pieno gli indirizzi; condannato all’esilio al ritorno dei Borboni (24 aprile 1800) andò esule a Marsiglia e a Parigi, stabilendosi poi a Milano, dove fondò nel 1804 il Giornale Italiano, in cui dibatté i problemi contemporanei con indipendenza di giudizio. Tornato a Napoli nel 1806, dopo la conquista del regno da parte dei Francesi, fu consigliere di Stato sotto Giuseppe Bonaparte e direttore generale (in pratica ministro) del tesoro sotto Gioacchino Murat. Subito dopo la restaurazione dei Borboni una grave malattia mentale troncò la sua attività politica e intellettuale. La sua opera fondamentale è il Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799 (1801; 2ª ed. accresciuta 1806), nel quale, sia per effetto della lezione vichiana sia per la lucidità con la quale l’autore aveva vissuto la sua esperienza politica, poté esercitare una critica acuta degli errori dei rivoluzionari napoletani.
Italo Fattore 2H