Big Fish – Le storie di una vita incredibile

Se siete un lettore che, per sbaglio o per pura curiosità, ha aperto quest’ articolo, probabilmente vi starete chiedendo perché sia stato pubblicata nel 2018 la recensione di un film come Big Fish, uscito ormai nel 2003.

Le motivazioni sono molteplici, tutte ugualmente valide: perché non è mai troppo tardi per invogliare qualcuno a spendere qualche ora davanti a una bella storia, perché viviamo in anni in cui Tim Burton sembra incapace di produrre un film convincente e questo è probabilmente il suo capolavoro, perché c’è Ewan Mcgregor e non apprezzarlo come attore è un crimine contro l’umanità. Scegliete la migliore secondo voi, e continuate a leggere, se vi va.

Edward Bloom è, all’apparenza, un comune marito e padre di famiglia che vive in una splendida villetta in un classico sobborgo americano. Ex rappresentante di svariati prodotti inutili, si prende cura della sua piscina in giardino e passa il tempo con l’ancora bellissima moglie (Jessica Lange). Egli però è un narratore straordinario, e intrattiene chiunque incontri raccontando le proprie avventure piene di magia e compagni fantastici, da quando appena ragazzo era uscito dal suo piccolo paese natio che gli andava stretto (letteralmente) fino all’incontro con l’angelica Sandra, la donna della sua vita e sua futura moglie. I suoi racconti sono ormai diventati noti, ma sempre apprezzati per l’incanto che sono in grado di creare. L’unico a non essere stato mai attratto dai racconti di Edward è suo figlio William, che avrebbe sempre preferito conoscere il vero padre dietro la finzione e la fantasia. é proprio quando William, ormai adulto, ritorna a casa per aiutare il padre in fin di vita che i due iniziano a cercare un terreno comune, e il ragazzo capisce che un uomo può diventare le sue storie, se ci crede abbastanza.

In questo film si ritrovano i caratteri classici del cinema burtoniano: le villette a schiera dei piccoli paesi da cui il protagonista tende a fuggire, Helena Boham Carter (qui splendida in un doppio ruolo), il conflitto generazionale tra padre e figlio, la difficoltà ad adattarsi in un ambiente che al personaggio appare sempre limitante. In alcune scene il regista si diverte particolarmente a ironizzare verso elementi fondamentali della cultura statunitense come le grandi autostrade, il circo e la passione per l’intrattenimento.

Sicuramente un punto di forza di Big Fish è l’amore per le storie che trasmette. Edward è un narratore, ma soprattutto è un uomo gentile e leale, capace di vedere solo il buono nelle qualità dei molti amici che ha incontrato nella sua vita tanto da renderli creature fatate. Alcune avventure in particolare sono capaci di rubare il cuore a chiunque spettatore, mentre Tim Burton dirige con tale maestria da creare scene iconiche (come la prima volta in cui Edward vede Sandra e il tempo per lui si ferma). é un film per tutti, ma in particolare per chi, esattamente come il protagonista di questa storia, è stato salvato, recuperato e aiutato in diversi momenti della sua vit, dall’immaginazione, e riesce bene a comprendere Edward.

Inutile menzionare il cast stellare: Jessica Lange, Danny DeVito, Ewan McGregor, Marion Cotillard e Billy Cundrup sono capaci di dare performance uniche senza rubare la scena agli altri.

Concludo consigliando la visione di questo film a chiunque sia desideroso di vedere i conflitti tra un padre e un figlio messi in scena magnificamente, ma soprattutto a chi ha bisogno di distendersi per qualche ora in mezzo ai fiori con Edward e Sandra, perché Big Fish non fallirà nell’accoglierlo.

 

Di Matilde Tonelli e Ludovica Minarelli

 

Fonte immagine: Il Sussidiario.net