Nave della Legalità 2018

Nei pressi di Palermo, il 23 maggio 1992 avvenne la strage di Capaci, dove persero la vita il magistrato Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo, e i suoi agenti di scorta: Antonino Montinaro, Rocco Dicillio, Vito Schifani. Successivamente, il 19 luglio dello stesso anno, a via d’Amelio, ci fu una nuova strage, questa volta ai danni dell’amico e collega di Falcone, Paolo Borsellino. Anche in questo caso, oltre a lui, persero la vita i membri della sua scorta: Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina. Suddette stragi furono opera dell’organizzazione mafiosa “Cosa Nostra”, con l’obiettivo di mettere a tacere i magistrati Falcone e Borsellino. In onore di questi tragici evento, il 23 maggio l’Italia si unisce per dire NO alla mafia. Simbolo di quest’unione è l’iniziativa della “Nave della legalità”. Il nome fa riferimento al mezzo utilizzato per portare alunni e docenti da tutta Italia a Palermo, dove avviene, insieme ai siciliani, la manifestazione contro la mafia. Tra le diverse scuole che aderivano al progetto, c’era anche la mia.
Parlando della mia esperienza, e partendo dalla fase pre-partenza, non nego che ero veramente emozionato. Il partecipare ad un evento di questo calibro ha anche generato una paura, direi irrazionale, di non essere all’altezza. Tuttavia combattere questa paura ha fatto scaturire qualcosa di costruttivo: mi sono informato sull’argomento, vedendo anche un film.
Grazie ai miei docenti e alla scuola, abbiamo affrontato durante l’anno tematiche sulle Legalità, ho conosciuto altri grandi uomini che si sono ribellati alla mafia, come Ninni Cassarà, Peppino Impastato, Rocco Chinnici e altri. Questa “ricerca di informazioni” mi ha anche portato ad apprezzare di più l’evento: Il recarsi fisicamente nei luoghi dove ha avuto luogo uno dei capitoli più oscuri della nostra storia. Così, il 22 maggio sono andato a Civitavecchia per salpare con la nave della legalità, accompagnato da mio padre. Sarò onesto: nonostante mi fossi informato, avevo ancora un po’ di paura, mischiata con una buona dose di ansia. Non sapevo cosa aspettarmi. Con i miei docenti, abbiamo le diverse tappe del progetto, ma non avevo idea di come si sarebbero concretizzate. Fortunatamente quando mi sono riunito col mio gruppo, suddette emozioni sono scomparse.
Arrivati a Civitavecchia, ci hanno fatto imbarcare e prendere possesso delle cabine, per poi scendere al fine di assistere al saluto delle Autorità. Sono salite sul palco diverse personalità di spicco, tra cui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e il ministro uscente dell’Istruzione, dell’università e della ricerca Valeria Fedeli. Tutti hanno espresso quale fosse l’obiettivo comune: sconfiggere la mafia, e tutti dobbiamo sentire questa necessità sulle nostre spalle. La presenza delle diverse personalità di spicco, inoltre, denota un impegno dello Stato nel portare avanti le idee di Falcone e Borsellino. A tal proposito vorrei citare una frase di Falcone stesso: “Gli uomini passano, le idee restano”. Tuttavia, si dovrebbe evitare di porsi come portatori delle idee dei due grandi magistrati solo il 23 maggio. È necessario un impegno costante, non occasionale.

Dopo il solenne saluto da parte delle autorità, siamo tornati sulla nave, e, poco dopo, siamo salpati. Dopo aver cenato, ci siamo recati alla sala conferenze, per assistere alla “tavola rotonda”. Qui erano presenti, oltre alla ministra, dei testimoni, che hanno vissuto sulla loro pelle le stragi di Capaci e via d’Amelio, tra cui: Claudia Loi (sorella di Emanuela Loi, scorta di Borsellino), Nando dalla Chiesa (figlio del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, ucciso dalla mafia nel 1982), Tina Montinaro (vedova di Antonino Montinaro, scorta di Falcone). Ognuno di loro ha condiviso la sua testimonianza. Mi ha colpito particolarmente Claudia Loi, che, per la prima volta, ha avuto la forza di rivivere la sua vita con la sorella per noi. Ha raccontato come Emanuela fosse arrivata tra gli agenti di scorta di Borsellino: per ironia della sorte! Infatti era Claudia che voleva diventare poliziotta, Emanuela la aveva solamente accompagnata, e, quasi per scherzo, aveva fatto il colloquio insieme a lei. Proprio da questo colloquio non previsto Emanuela diventa poliziotta, e viene mandata a Palermo, a scortare Borsellino. Inoltre sappiamo quanto il magistrato abbia esortato la sua scorta a stargli alla larga, essendo lui obiettivo per la mafia. Ma Emanuela, come gli altri agenti, non ha desistito. Da qui notiamo il suo coraggio, la sua voglia di fare il suo lavoro. Era fiera di scortare un grande uomo come Borsellino. Quando a Claudia Loi è stato chiesto chi l’avesse aiutata a superare il lutto, lei ha risposto, molto tranquillamente: “mia sorella”. Questo mi ha colpito particolarmente: Claudia ha trovato conforto sapendo che Emanuela vivrà per sempre dentro di lei, e che la sua morte è stata tutt’altro che invano. Una volta finita la “tavola rotonda” abbiamo visto un documentario sulla strage di Capaci. È servito per immergersi nella situazione, dato che la mia generazione non l’ha vissuta. Venivano riportati i fatti accaduti, accompagnati dalle testimonianze di coloro che l’hanno vissuti. Hanno raccontato lo sconforto, la paura, il turbamento. Falcone rappresentava e rappresenta un eroe nazionale, la chiave per liberarsi della mafia, vederlo assassinato in quel modo dev’essere stato veramente destabilizzante. Vorrei ora riportare una frase che ho sentito durante la manifestazione: “La mafia non ha ucciso Falcone e Borsellino, ma li ha resi immortali”. A suo malgrado, Cosa Nostra ha contribuito a eternare sia Falcone che Borsellino: le loro idee vengono portate avanti tuttora, con orgoglio. Era proprio questo ciò che voleva Falcone, con la sua frase espressa precedentemente. Ha quasi predetto quello che sarebbe successo a seguito delle stragi: le sue idee sono eterne. È dunque fondamentale ricordarlo: grazie a lui le generazioni successive sanno quale esempio seguire.
Passato il documentario abbiamo deciso di andare a dormire. Il giorno dopo, siamo arrivati a Palermo, dove siamo stati accolti con calore dai palermitani. Ci siamo recati a Piazza Magione, nel cuore del quartiere dove vissero Falcone e Borsellino. Qui erano stati allestiti un palco e degli stand, dove si potevano creare striscioni o cartelli. Siamo restati lì fino alle 14 circa, dopodiché abbiamo preso il pullman, per recarci a via d’Amelio, dove sarebbe partita la manifestazione. Qui vi era un’atmosfera quasi surreale: il trovarsi nel luogo martoriato dall’attentato dove perse la vita Borsellino con la sua scorta, il pensare a cosa fosse successo proprio lì, 26 anni fa, dove eravamo noi. Ora vi è un monumento in onore del grande magistrato, affiancato da un alberello. I palermitani sono soliti attaccare foglietti, manifesti, nastri, sui rami di questo albero, in onore di Paolo.

A questo punto, la sfilata poteva iniziare. Il percorso partiva da via d’Amelio, fino all’albero di Falcone. Ho avuto modo di assistere al livello di unione nella lotta contro la mafia: inneggiavano cori di protesta, si affacciavano persone dai balconi per unirsi, venivano sventolate bandiere e cartelli antimafia (tra cui uno che riportava la famosa frase di Peppino Impastato: “La mafia è una montagna di me***”) si suonava, si ballava. Mi ha emozionato particolarmente il vedere i palermitani affacciarsi dalle loro abitazioni, per sventolare lenzuola bianche in segno di partecipazione. Il tutto veniva svolto col sorriso sulle labbra, quasi leggevo negli occhi di chi si affacciava felicità nel vedere la manifestazione. Arrivati all’albero di Falcone, era stato allestito un palco. Abbiamo assistito a discorsi di importanti esponenti di chi combatte la mafia oggi, del sindaco di Palermo, dell’attrice Teresa Mannino. Alle 17:58 c’è stato il minuto di silenzio. Erano, infatti, esattamente le 17:58 quando i mafiosi fecero saltare in aria l’autostrada, allo svincolo con Capaci. Eravamo veramente tanti, sui 70.000, dicono i giornali, uniti contro un nemico comune. Come dice il proverbio: l’unione fa la forza. Se siamo uniti, possiamo vincere. Queste manifestazioni sono la prova che l’Italia è unita nella lotta contro la mafia. Queste manifestazioni danno speranza, perché danno un esempio concreto della presenza di questa unione. Queste manifestazioni sono portatrici di idee che non dobbiamo condividere con orgoglio solamente il 23 maggio, ma sempre.
Finita la manifestazione, siamo tornati sulla nave, che ci avrebbe riportato a Civitavecchia. È stato commovente salutare i palermitani, porterò sempre nel cuore il ricordo di Palermo che si allontana, con i suoi abitanti salutarci sorridenti.
In conclusione, questa esperienza è stata fondamentale. È servita a sensibilizzare le nuove generazioni su uno dei capitoli più oscuri del nostro passato. Il recarsi fisicamente a Palermo, una bellissima città succube della mafia, serve a immedesimarci il più possibile, per capire al meglio la gravità dei fatti accaduti. Io personalmente ritengo che l’empatia sia il mezzo migliore per capire al meglio un fatto. Il mio messaggio è quello di informarsi il più possibile sull’argomento mafia. Tutti dobbiamo avere chiaro quali siano i crimini, gli omicidi, le disumanità della mafia. Solo conoscendo il nostro nemico, potremo combatterlo al meglio. Io stesso riconosco che prima non ho ero abbastanza informato, questa esperienza mi è servita a capire quanto sia importante sapere, e, di conseguenza, lottare.

 

Nicola Marcelli