Dante e la corruzione in Italia

La corruzione riguarda una pluralità di reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, quali la corruzione per atti d’ufficio, per atti contrari ai doveri d’ufficio o in atti giudiziari.

I corrotti nel linguaggio giuridico ma anche in quello comune sono coloro che in cambio di denaro o altra utilità, rivestendo poteri pubblici, compiono atti del proprio ufficio contrari ai propri doveri senza seguire le norme giuridiche. Dante riteneva che la corruzione fosse un fatto tanto disgustoso e grave da dedicargli vari canti dell’Inferno e prevedere una pena severa; questo tema così marcato indica che anche a quel tempo la corruzione era già ben radicata in Italia. In particolare nei canti XXI e XXII dell’Inferno Dante raccontando il suo pericoloso viaggio sull’argine con i diavoli, descrive il fossato di pece bollente in cui sono calati i barattieri, che fa coincidere con le bestie, degradandoli cosi ad un livello estremamente basso come quello dei diavoli. Dante si spinge fino a dotare le anime di un corpo fittizio per infliggergli sofferenze durissime, se si pensa che li immerge nella pece bollente. Intorno al fosso di pece Dante pone dei diavoli-guardiani, dotati di uncini, che  sorvegliano le anime e le ricacciano nella pece ogni volta emergano in cerca di un po’ di sollievo.

Da tale narrazione emerge l’uguaglianza tra l’uomo e il diavolo, anche i diavoli nel rincorrere le anime che tentano la fuga cadono nella pece bollente. Pare che il tentativo di Dante sia quello di dissuadere gli uomini dal tenere comportamenti fraudolenti in contrasto con i propri doveri d’ufficio, se si pensa a come  descrive la scena, creando un meccanismo di paura. Dante esprime la propria paura nei confronti dei diavoli e allo stesso tempo la paura delle anime dei barattieri di cui è spettatore. La corruzione non è nata ieri, anzi era un fenomeno ben noto e praticato già nell’antichità. “Naturalmente ne varia l’intensità da persona a persona, da secolo a secolo e tra i diversi ceti sociali. Ma l’intensità deriva soprattutto dal censo: la corruzione dei ricchi opera su cifre notevolmente più cospicue, quella dei meno abbienti si esercita sugli spiccioli, ma comunque c’è ed è proporzionata al reddito: per un ricco corrompersi per ventimila euro non vale la pena, per un cittadino con reddito da diecimila euro all’anno farsi corrompere per cinquecento euro è già un discreto affare”, si legge nell’articolo che Eugenio Scalfari ha dedicato alla corruzione, pubblicato da Repubblica il 14 giugno 2015.

Oggi la corruzione, con l’aumentare dei rapporti economici e politici tra gli Stati, diventa sempre più globale, tanto che si parla di reato “massmediatico” ed essendo in gioco forti e diffusi interessi economici tutt’oggi si è ancora alla ricerca di un efficace deterrente della corruzione.

 

Di Sara Fortuzzi

Fonte Immagine. http://4.bp.blogspot.com/-mx_z6ki58rk/TnEVK6k8PCI/AAAAAAAAASA/EjdQdBTLrok/s1600/The+Corrupt.jpg