Le spinte separatiste non fermano la Spagna

Intorno alla metà di aprile scorso, quotidiani come “Il Sole24Ore” e “La Repubblica” hanno pubblicato articoli che affermavano, grazie ai dati riferiti dal World Economic Outlook dell’Fmi e rielaborati dal Financial Times, che la Spagna ha raggiunto un ritmo di crescita del Pil Pro Capite maggiore di quello dell’Italia. Ciò significa che, nonostante gli Spagnoli abbiano sofferto più o meno quanto gli Italiani la crisi economica del ventunesimo secolo, la Spagna si è ripresa più velocemente del nostro paese dimostrando, tra il 2015 ed il 2017, un ritmo di crescita dell’economia superiore rispetto a quello dell’Italia.
Il fatto desta stupore, considerando tutte le difficoltà, soprattutto sociali, che gli Spagnoli hanno dovuto affrontare fino ad oggi. Dal 1950 si sono susseguite infatti numerose manifestazioni che avevano come scopo l’indipendenza di regioni come la Galizia, la Catalogna ed i Paesi Baschi, in cui è nato un movimento che ha insanguinato la Spagna e che si è sciolto solo quest’anno: l’ETA. I Catalani invece stanno chiedendo l’indipendenza ancora oggi: la loro richiesta si manifesta da molto tempo, poiché la suddetta regione possiede una sua cultura, di cui è esempio la lingua che assomiglia poco allo spagnolo; inoltre,  dal punto di vista economico, i Catalani ritengono di riversare all’erario spagnolo più di quanto guadagnano, e questo è un altro motivo per cui intendono separarsi dal resto della Spagna. Istintivamente verrebbe da schierarsi dalla parte degli unionisti, ma proviamo ad immedesimarci in un indipendentista catalano: questi parla con tutti i suoi amici il catalano, è consapevole del fatto che la Catalogna è la terza Regione spagnola per reddito pro capite, che contribuisce al Pil spagnolo quasi quanto Madrid, e quindi sarebbe più ricca, meglio organizzata, con migliori investimenti e servizi se fosse indipendente. Queste sono solo alcune delle ragioni per cui il 90% dei Catalani, il primo ottobre dell’anno scorso, ha votato sì all’indipendenza. Voti che però non sono stati accettati da Madrid, che ha definito il referendum non valido, esasperando i Catalani.
Roberto Bizzetti  classe seconda A