Negli oceani quadruplicate le zone senza ossigeno

Le conseguenze dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento industriale sulla superficie oceanica sono percepibili, è tuttavia più difficile ipotizzare ciò che accade nel fondo degli abissi marini. Purtroppo negli ultimi settant’anni le aree oceaniche sprovviste di ossigeno hanno quadruplicato la loro estensione e le zone costiere con scarse quantità di ossigeno sono aumentate dieci volte tanto. Questa perdita di ossigeno è uno dei cambiamenti più importanti che si stanno verificando negli oceani sempre più modificati dalle attività umane. Denise Breitburg, scienziata dello Smithsonian Enviromental Research Center negli Stati Uniti, ha curato uno studio pubblicato su “Science” sui livelli di ossigeno negli oceani: secondo lo studio, il fatto che la maggior parte della fauna marina non sia in grado di sopravvivere senza ossigeno potrebbe mettere a rischio i posti di lavoro delle persone legate agli oceani, come i pescatori. Le mappe pubblicate dall’Unesco mostrano che le zone morte sono numerose soprattutto nel Mar Baltico, nel Mar Nero, nell’Oceano Indiano e nelle coste dell’America centrale. Nel 1950 le zone con insufficiente ossigeno erano meno di 50, oggi sono almeno 500, ma potrebbero risultare di più dato che non tutte le zone sono controllate analogamente; in particolare in quelle odierne ci sono meno di 2 milligrammi di ossigeno per litro. Come sottolinea la scienziata Breitburg, non solo un impegno globale, ma anche uno locale potrebbe dare un contributo per aiutare a fermare la mancanza di ossigeno.
Francesco Cosenza – Classe 2G