Degrado social (e)

Di Mirko Manset

Quando si perde il controllo, quando  quello smartphone diventa più importante delle persone l’umanità viene oscurata dallo schermo e si perde nella fitta rete dei social, nelle manie di protagonismo e nel desiderio di apparire.

Il ragazzo che a Piacenza ha scattato un selfie per immortalarsi su uno sfondo tragico di una donna appena investita dal treno non fa altro che accodarsi alle tristi notizie su ritratti 2.0 che lentamente stava scomparendo ma che purtroppo fanno parte di questa generazione dove un like vale il rispetto o addirittura vale più del rispetto stesso.

Cosa siamo disposti a fare per “Quindici minuti di celebrità”, per qualche like o follower in più? A quanto pare è questo il prezzo della vita di oggi. Basti pensare alle centinaia di vittime dei selfie estremi, quella folle moda che porta a superare ogni tipo di limite morale per raccogliere qualche like scattandosi foto per esempio a centinaia di metri di altezza o tra i binari  del treno.

Ma non è questo il caso. Se parlavamo di perdita controllo individuale dove ognuno decide di mettere a rischio la propria vita per uno scatto perfetto, quello che è successo a Piacenza è ancora più triste e squallido: sfruttare una tragedia altrui per scattarsi un selfie perdendo ogni tipo di contatto con la realtà è un gesto che solo chi è veramente malato o totalmente assuefatto dai social poteva compiere. È il fondo dell’umanità, il massimo grado di narcisismo. È veramente triste pensare che qualcuno riesca ad anteporre qualche manciata di like alla pietà e al rispetto, che si senta il bisogno di scattarsi una foto per forza pur umiliando, in questo caso, una vittima già in preda al dolore fisico.

Quando Hume descriveva nel “Trattato sulla natura umana” (1739) la simpatia come “tendenza naturale che abbiamo a simpatizzare con gli altri e a ricevere le loro inclinazioni e i loro sentimenti” di certo non si immaginava l’avvento dei social che forse hanno distrutto questa tendenza naturale e cancellato ogni traccia di umanità. L’individuo di oggi è lo specchio del suo profilo social, uno sporco riflesso che fa di tutto per accrescere la propria immagine. L’unica cosa che conta oggi è l’ Io e la mia visibilità per cui sono disposto a perdere  il rispetto verso gli altri, la solidarietà per le persone, l’umanità.

Alla base dei selfie si nasconde forse il principio di “Appareo, ergo sum” (appaio dunque sono): Io non sono più io. L’ Io è la mia foto del profilo, il numero dei miei like, i giudizi degli altri. I selfie non fanno altro che rafforzare questo nuovo io e se è vero che l’istinto primordiale dell’uomo è quello della sopravvivenza, non può fare altro che alimentare il suo io anche a spese degli altri, a spese della sua stessa vita.

 

Di Mirko Manset

Fonte immagine: http://www.voiceweb.it/category/myvoice/page/2/