Gli schiavi dei videogiochi

Gli schiavi dei videogiochi
240 mila ragazzi in Italia partecipano alle cosidette maratone dei videogiochi, senza correre, ma solo stesi sul divano di fronte alla Tv o al Pc. Una maratona letale, piaga della generazione dei 2000, che da dipendenza sarà anche classificata come malattia mentale dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, nella Classificazione Internazionale delle Malattie che sarà varata il prossimo maggio a Ginevra.
In Italia l’argomento è stato ripreso a Napoli, al Congresso della Società di Psichiatria Sociale: la fascia più colpita è quella tra i 10 e i 17 anni. I ragazzi, passando tante ore ai videogiochi, si isolano, allontanandosi dal mondo reale per crearsene uno nuovo, finto, del quale sono dipendenti. Questi sono stati a loro volta suddivisi in due categorie, che mostrano due facce opposte degli schiavi dei videogiochi: quelli “online” (quando il soggetto deve essere necessariamente collegato a Internet) e quelli “offline” (in cui il gioco è svolto prevalentemente in solitudine). È quest’ultima la forma più grave che causa terribili conseguenze per la salute psicofisica della persona, tra cui la riduzione delle relazioni interpersonali, la riduzione o l’assenza di hobbies, cattiva qualità del sonno, calo delle prestazioni lavorative o calo nelle prestazioni scolastiche, calo nelle abilità attentive, aumento dell’aggressività e dell’ostilità, aumento dello stress, riduzione della memoria verbale, solitudine, aumento di peso. È questo ciò che ci spiega Andrea Fiorillo, professore associato di psichiatria all’Università Vanvitelli di Napoli e responsabile scientifico del Congresso, che aggiunge: “Da un punto di vista delle relazioni interpersonali, chi soffre della forma da dipendenza online preferisce trascorrere il tempo libero con gli amici conosciuti in rete e ritiene che queste relazioni siano più vere e intense rispetto a quelle della vita reale”.
Ma perché la dipendenza da videogiochi verrà inclusa ufficialmente tra i disturbi mentali? Beh, ciò è dovuto dall’aumento degli accessi in pronto soccorso di casi in seguito alle maratone di videogiochi, “fenomeno” in ampia diffusione e che ha spinto l’OMS al ricorso. Recentemente un giovanestatunitense di 35 anni è deceduto dopo 22 ore di gioco online di seguito. 22 ore fatali, che gli hanno causato il definitivo game over.
Il dott. Fiorillo prosegue spiegandoci che il sesso più a rischio è quello maschile (vista la tendenza delle femmine a passare le ore sui Social Network), quello più intento nell’astrazione dalla realtà, nel rifiuto delle normali attività ludiche e sociali, oltre che tendente all’isolamento. Si è osservato inoltre che più il tempo è trascorso online, tanto è maggiore il peso corporeo; la dipendenza dai videogiochi dunque compone un tassello importante di un altro problema: l’obesità infantile.
È questo un problema sul quale non avevo mai riflettuto. Certo molto grave, ma che mai mi aveva toccato in prima persona, sia internamente che esternamente dalla mia famiglia e dalla mia vita quotidiana, sancita solamente da monotone routine. Quello che più mi fa paura e mi inquieta è l’emarginazione, l’isolamento che si stanno creando i dipendenti e nel quale si stanno progressivamente rifugiando. Per me è inconcepibile non avere una vita sociale, non avere proprio una vita, perché per loro la realtà è il niente, come qualcosa di oscuro e malvagio dal quale fuggono, rifugiandosi tra console, schermi luminosi, stanze buie e telecomandi all’avanguardia. È un’intera esistenza pericolante, fragile, che oscilla sull’abisso della rovina.
Federico Spagna – Classe 3C