Natale è sempre Natale – Racconto

Natale, l’evento più noioso dell’anno. É sempre uguale per tutti: stessa cena, stessa casa, stessa musica, e stessa famiglia, ogni singola volta.
Ci sediamo intorno allo stesso enorme tavolo e tutti si comportano come se fosse il momento più emozionante della loro vita, facendo i complimenti alla nonna per il “fantastico” cibo , ogni anno uguale e della stessa qualità. E poi ci sono i parenti, tutta la famiglia della mamma, di cui ogni anno dimentico i nomi.
Insomma, ci guardiamo sorridendo per tutta la serata , senza mai cambiare niente… ma non quest’anno.
Siamo tutti riuniti accanto al grandissimo identico albero, come da tradizione la famiglia è impegnata in una lunghissima videochiamata con la zia, l’unico componente del nostro immenso albero genealogico che per lavoro non è mai presente per condividere il Natale in allegria insieme alle persone che ama. Beata lei. La nonna piange, il nonno le porge un fazzoletto, probabilmente lo stesso fazzoletto che è stato immerso nelle lacrime della nonna l’anno scorso, e tutti gli anni precedenti. C’è solo un piccolo dettaglio fuori posto: una bambina continua a fissarmi, seduta di fronte a me. Ha i capelli neri e degli occhi chiarissimi, quel tipo di occhi che pensi possano esistere solo nei film, o in tutti i libri appartenenti al genere horror. Non so, forse è una cugina, ma a me non sembra di averla mai vista.
A cena si siede dall’altra parte del tavolo, i suoi occhi seguono ogni mio movimento, privi di espressione. Dopo un po’ ho paura anche solo a muovere il braccio per prendere il sale, quindi decido di mettere da parte l’orgoglio e di far notare alla mamma la maniera molto inquietante con cui l’Essere di fronte a me mi guarda. Lei dice che, a parer suo, non c’è niente di strano nella maniera cordiale con cui la mia adorabile parente cerca di fare conoscenza. Mia sorella maggiore, alzando gli occhi dal suo telefono, aggiunge (non troppo cortesemente) che sono maleducato e asociale. A quanto pare sono l’unico che vede in quella bambina dagli occhi vuoti qualcosa di profondamente sbagliato. Accanto al tavolo c’è una lunga fila di foto di famiglia, mi accorgo che in due o tre è presente anche l’Essere: soliti vestiti, solita espressione. Passo ogni singolo Natale da dodici anni ad annoiarmi in questa casa, noto ogni dettaglio, che è sempre identico ogni anno. Giuro che non ho mai visto quelle foto. Volto lo sguardo verso l’Essere, che ovviamente, mi sta guardando.
Quando la cena è finita mi chiudo in bagno, sperando che l’Essere non mi segua anche lì e mi metto a sedere sul pavimento. Accanto al lavandino c’è un libro di Sherlock Holmes, di Sir Arthur Conan Doyle. Ho visto il film qualche anno fa con la mamma, parlava di un uomo geniale e stranissimo che risolve crimini, o così credo.
Inizio a sfogliare il libro, cercando di non pensare all’Essere che probabilmente in questo momento mi attende fuori dalla porta, con un coltello in mano, forse?
Dato che non sono un gran lettore, decido di saltare alcune pagine. In poche parole, dopo circa tredici minuti ho finito la mia lettura. È molto diversa dai fumetti che leggo di solito, decisamente molto più noiosa, ma c’è una frase che non riesco a togliermi dalla testa: “Quando hai eliminato l’impossibile, qualunque cosa rimanga, seppur improbabile, deve essere la verità”. Non fingerò di averne capito il significato, ma questa frase mi ha fatto riflettere. Insomma, dopo ore (o forse minuti) di riflessioni, sono arrivato alla conclusione che l’Essere è un alieno. Sì, un alieno. Devo trovare un modo per farmi credere dagli altri, ora.
Esco dal bagno e raggiungo i miei parenti, sono tutti accanto all’albero per lo scartaggio dei regali, l’Essere compreso. Mi posiziono in modo da poterlo tenere d’occhio, ma lui non guarda più me, guarda la mamma.
All’inizio va tutto bene, dopo il nonno è il mio turno. Ho ricevuto un maglione giallo, dei soldi, un portafoglio di Hello Kitty (sospetto da parte di mia sorella) e dei calzini con due renne giganti che non riuscirei mai a far entrare in una scarpa.
Poi sta alla mamma. Io le ho regalato una lettera, perché adora questo genere di cose. Mi abbraccia commossa e legge la lettera ad alta voce, uno dei momenti più imbarazzanti della mia vita. Mia sorella, accanto a lei, fa finta di vomitare. Lei le ha regalato una nuova carica per il telefono.
Il prossimo regalo da aprire è un pacchettino blu in fondo all’albero. Mia mamma allunga il braccio per prenderlo ed è allora che noto un leggero cambiamento nell’espressione dell’Essere. Un sorriso? Non perdo tempo per domandarmelo. Mi butto addosso al regalo, urtando per sbaglio una delle mie zie, che fa cadere il suo bicchiere di vino addosso a mia sorella, la quale urla come se l’avessero gettata in un lago ghiacciato. La mamma è furiosa. Mi urla addosso, chiedendomi cosa mi prende.
– È lei, mamma! – dico io indicando l’ Essere – Non fidarti, è un alieno! Stavo solo cercando di…- Lei non mi lascia finire. Mi porta in camera dei nonni e mi dice di rimanere lì fino alla fine della festa. E le ho appena salvato la vita…
Sento dei passi in fondo alle scale. All’inizio penso che sia la mamma che vuole scusarsi, ma poi mi rendo conto che i passi sono troppo leggeri, troppo lenti per essere quelli della mamma. Ora ho paura. Cerco dove nascondermi, ma il letto dei nonni è troppo basso. Nella scala ci sono 42 scalini, conto i suoi passi per calcolare il tempo che ho. Apro l’armadio, è pieno di vestiti e materassi ammucchiati. 38 scalini. Valuto se nascondermi dentro il letto, ma non sono così fine, mi troverebbe subito. 31 scalini. Tasto disperatamente il muro alla ricerca di un luogo dove nascondermi. 24 scalini. Spalanco le porte dell’armadio e inizio a svuotarlo quanto basta per farmi entrare. 17 scalini. L’armadio è troppo grande. 10 scalini. Lascio perdere l’armadio. 5 scalini.
Disperato, afferro la vecchia mazza da baseball del nonno. 3 scalini. Mi preparo. La porta si apre, io alzo la mazza e..

Apro gli occhi di scatto. Sono in piedi accanto al letto, in mano ho un righello e lo punto contro il mio poster di Sherlock Holmes. L’ultima cosa che ricordo è di essermi addormentato mentre leggevo un fumetto sugli alieni.
La porta si apre e io mi giro terrorizzato. Sulla soglia c’è mia sorella, gli occhi incollati al telefono.
– Alzati microbo! – mi dice. Sì, è lei. Io rimango immobile, la faccia sconvolta. Solo dopo un po’ alza lo sguardo dal telefono e mi guarda inarcando le sopracciglia.
– Cosa diavolo stai facendo ? – mi chiede.
Io fisso il righello, che tengo ancora in mano.
– Io… non lo so – dico confuso.
Mia sorella mi guarda per qualche secondo, poi alza gli occhi al cielo e mi tira dei vestiti addosso.
– Vestiti, dobbiamo andare dalla nonna. È Natale… –
Stella Alemanno – Classe 2D